Transizione: 2000

un racconto di: Steven Wilson
tradotto da: Salvatore Carta
impaginazione e grafica: Marco Vittorini

   

 

 

Gli avevano assicurato che sarebbe stato indolore.

Non che ciò importasse realmente a Bergman. La scoperta di nuove conoscenze non veniva considerata un processo indolore. Se lo fosse stato, scoperte così importanti sarebbero state un evento non straordinario e la conoscenza, la conoscenza preziosa, non sarebbe stata considerata di valore.

Si trovavano sulla superficie lunare, Koenig, Helena Russell, Alan Carter, Tony Verdeschi, due uomini della sua squadra di sicurezza e lo stesso Bergman. Il potenziamento dei generatori in massicce torri del campo di forza era quasi completo. Era il momento.

 

Ogni tuta spaziale aveva, sul suo zaino per l'ossigeno, una valvola di sfiato, in modo da poter ripulire il sistema dopo l'uso prima della ricarica. Era impensabile che chiunque la potesse anche solo toccare mentre si trovava nel vuoto. Con calma, con un piccolo accenno di un sorriso sul suo volto e con un senso di anticipazione, Victor Bergman allungò la mano e aprì la valvola. Prima che gli altri si accorgessero che qualcosa andava storto, prima che sulle loro facce si scorgesse lo shock, Victor Bergman era morto.

Helena Russell esitò un solo istante mentre copriva la sua faccia con il lenzuolo. Voleva dare un ultimo sguardo, ma quello che vide non era piacevole. Non le diede conforto. Se solo avesse potuto richiamare alla memoria - richiamarlo con chiarezza - il volto di Victor l'ultima volta che le aveva sorriso. Se solo avesse potuto sentire la sua calda mano callosa, come l'aveva sentita l'ultima volta che aveva premuto sulla sua spalla. Com'era strano, aveva pensato molte volte in passato, che uno scienziato così pieno di conoscenze fosse una persona così calda e premurosa. Victor era un eccentrico, certamente. Non si era mai sposato perché non pensava fosse giusto chiedere ad una moglie e ad una famiglia di stare in secondo piano dietro la sua unica vera passione: la ricerca della conoscenza.

Era un peccato, pensò Helena, perché sarebbe diventato un padre meraviglioso. In realtà era una figura paterna per l'intera Base Lunare Alfa, lo stimato patriarca che era arrivato qui alla sua nascita e che non se n'era mai andato. Per Helena, in particolare, era una figura chiave in una vita che lei aveva dovuto ricostruire quasi da zero. Quattro anni prima, dopo che suo marito era scomparso in una delle prime missioni esplorative del sistema solare esterno, era venuta sulla Base Lunare Alfa per cercare un cambiamento. Aveva lavorato per l'ILC, il Comitato Lunare Internazionale, per anni, ma non aveva mai visitato la sua installazione primaria. Quando la vita che aveva conosciuto era finita, i suoi rintocchi di morte suonati in una semplice trasmissione interrotta che parlava di un bombardamento radioattivo, aveva deciso che era ora di vedere che aspetto avesse la nuova frontiera. Forse voleva anche sentirsi più vicina a Lee. La Base Lunare Alfa era a quanto di più vicino lei potesse mai arrivare.

Aveva incontrato Victor Bergman quando era venuto sulla Terra durante le indagini per la Sonda Ultra. Era stata incaricata di valutare la stabilità mentale di Tony Cellini, comandante ed unico sopravvissuto. Cellini aveva provato un'intensa antipatia per lei e Bergman si era inserito per fare da cuscinetto tra loro dopo le ostilità iniziali. Lei aveva apprezzato quel gesto, ed aveva speso molto tempo col Professore durante la sua forzata permanenza sulla Terra. Aveva trovato in lui un buon ascoltatore ed allo stesso tempo un conversatore eccellente.

Quando era venuta su Alfa, la sua faccia amichevole era stata la sua prima ancora, l'unico elemento familiare di una nuova vita. Benché lei fosse molto progredita nella sua carriera, il principale esperto della Terra nel campo della medicina spaziale, era arrivata a vedere l'anziano uomo come un mentore. Egli era la sua cassa di risonanza, la sua immagine riflessa, il suo avvocato del diavolo, il suo confessore. Per anni, egli aveva rappresentato le stesse cose anche per John Koenig . Quando Koenig e Helena si erano infine incontrati, dopo che avevano a lungo lavorato negli stessi progetti, ma agli antipodi, Victor li aveva aiutati a trovare il terreno comune di cui avevano bisogno per stabilire una relazione che funzionasse. Senza di lui, avrebbero potuto benissimo odiarsi a vicenda. Con lui… Entrambi vedovi, entrambi intensamente preoccupati per il personale alle loro dipendenze, per Helena e Koenig non era facile permettersi di rimanere coinvolti emotivamente. Entrambi sapevano esattamente come Victor, tuttavia, che gli ultimi dodici mesi avevano visto i due innamorarsi profondamente. Era un amore che Victor approvava, per il quale egli era quasi esclusivamente responsabile. E ora era morto.

La carne blu del suo volto privo di ossigeno, le contrazioni causate involontariamente dai muscoli morenti, avevano lasciato un'immagine orrenda. Helena si chiese quanto avesse sofferto. La morte era venuta rapidamente, ma era stata misericordiosa? Oppure il racconto di pena e di sofferenza narrato dai lineamenti di Victor era vero? Non poteva sopportare di pensarlo sofferente. Un bip del suo telecomando annunciò un arrivo nel Centro Medico. La porta si aprì scorrendo silenziosamente per far entrare John Koenig. Per un attimo, Helena pensò di cercare di nascondere le lacrime che le si stavano formando negli occhi. Tuttavia, comprese rapidamente che c'erano scarsi motivi per nascondersi da lui. Ora che Victor era scomparso, lui era ormai quello che la conosceva meglio. Egli non si preoccupò di dire nulla, poiché non c'era nulla da dire che potesse essere di conforto. Attraversò la stanza e rimase in piedi accanto a lei. Per un breve momento fissò il corpo coperto, col volto torvo.

Poi, dando al cadavere del suo amico e mentore una breve stretta sul braccio immobile, allungò le braccia verso Helena. Lei si abbandonò, seppellendosi nel suo abbraccio. Nessuno dei due guardò per vedere se l'altro stava piangendo. Rimasero in piedi là per un tempo indeterminato - prolungando, quanto più possibile, l'ultimo momento che loro tre avrebbero mai avuto insieme.

Quando Alfa era stata progettata - decenni prima della sua realizzazione finale - le nazioni della Terra erano state sull'orlo di varie guerre disastrose. Di conseguenza, i progetti avevano incluso molti apprestamenti per la protezione da attacchi da parte di potenze ostili. L'apprestamento principale era stato quello di allocare spazio al livello più basso della torre della Sala Comando per una centrale operativa di emergenza - una sorta di "rifugio antiaereo" per lo Staff di comando.

Una quindicina d'anni prima era scoppiata una guerra disastrosa ed il suo risultato principale era stato un nuovo spirito di cooperazione internazionale sulla Terra. Parte di questa cooperazione era stata causata dalla paura di massa delle terribili armi biologiche ed atomiche usate in quella guerra, parte di essa derivava dal fatto che la guerra aveva ridotto la popolazione di quasi il cinquanta per cento. Semplicemente, non c'erano più sulla Terra molte persone che si contrapponessero a vicenda, e quei sopravvissuti avevano bisogno di assistenza reciproca per superare la carestia e le malattie rimaste nella scia della violenza militare.

Quando fu finalmente costruita, la Base Lunare Alfa fu eretta come un simbolo di quello spirito di cooperazione internazionale. La difesa era divenuta una priorità bassa e l'idea di una Centrale Operativa di Emergenza era stata abbandonata. Il locale sotterraneo sotto la Sala Comando era stato tuttavia lasciato vuoto e veniva utilizzato soltanto come deposito.

Dopo il recente incontro di Alfa con i mondi in guerra di Beta e Delta, era stato Victor a mettere in risalto la vulnerabilità della Sala Comando da attacchi dallo spazio. Al sicuro nella protezione relativa del sistema solare originario della Luna, non c'era stata eccessiva preoccupazione per un'installazione di comando situata più o meno precariamente in cima alla base. Questa dislocazione aveva collocato l'equipaggiamento per le comunicazioni dello Staff verso l'esterno vicino alla serie di antenne, risparmiando risorse e consentendo una trasmissione dati di migliore qualità. Nell'ambiente ostile dello spazio profondo, tuttavia, non aveva senso lasciare il locale più critico delle operazioni di Alfa come il più vulnerabile agli attacchi.

Lo sgombero del locale sotterraneo era incominciato mesi prima, un progetto occasionale per coloro che avevano tempo durante il loro orario di servizio. (E non molti Alfani avevano tempo nel loro orario - la maggior parte del lavoro di ognuno era cruciale per la sopravvivenza nello spazio). Ora che Victor era scomparso, Koenig aveva accelerato il ritmo dei lavori, steso un programma e attuato l'Operazione "Tana". In due settimane, la nuova Centrale Comando di Alfa sarebbe diventata operativa e la Sala Comando sarebbe rimasta vuota.

Koenig avrebbe ammesso a se stesso che i suoi motivi nel fare questa mossa, ora, erano sentimentali. Se doveva continuare senza Victor, voleva cambiare volto al suo comando. Nel futuro avrebbe dovuto promuovere gente in nuove posizioni di responsabilità, stabilire una nuova cerchia interna di comando. Non voleva che queste persone si sentissero intimidite dai fantasmi del vecchio regime. Soprattutto, non voleva camminare sulle memorie del suo vecchio amico. La Sala Comando ed il suo ufficio spazioso appartenevano ad un altro tempo - il tempo di Victor.

Oggi doveva essere l'ultima riunione dello Staff di comando tenuta nel suo ufficio privato. Già molte delle sue apparecchiature erano state smontate per essere utilizzate sotto, conferendo alla stanza l'aspetto di un magazzino abbandonato. Un operatore - parlando con un tono di voce tale che pensava che il Comandante non potesse sentire - aveva suggerito di mettere un cartello "VENDESI" alla finestra che guardava fuori sulla superficie lunare. Koenig aveva dovuto ammettere che l'idea aveva il suo lato comico.

Il personale stava cominciando a radunarsi. Sandra Benes sedeva silenziosamente al tavolo di riunione, controllando le sue note. Accanto a lei, le sedie di Paul Morrow e di David Kano erano vuote. Cercò di non farci caso. I tragici avvenimenti che avevano strappato i due uomini dalla loro comunità erano ancora recenti, ancora dolorosi. La morte di Paul, in particolare, l'aveva cambiata, l'aveva resa silenziosa, forse l'aveva indurita.

Alan Carter entrò a grandi passi, seguito da Tony Verdeschi, che sembrava a disagio con la manica rossa da controllore della Sala Comando. Era ovvio che il capo della sicurezza si sentiva fuori posto qui. Normalmente era socievole quanto Carter, anche se un po' più serio. Tuttavia sapeva che oggi era stato invitato per riempire un posto vuoto e sapeva come si era reso vuoto quel posto. La morte di Victor non avrebbe fatto altro che aumentare la tensione su Verdeschi, e lui lo sapeva. Koenig la settimana prima gli aveva chiesto di prendere il posto di Paul Morrow. Paul era stato a capo delle operazioni della base e, pertanto, secondo dopo Koenig nel comando. Era ben noto, tuttavia, che sarebbe stato Victor Bergman a comandare, se fosse successo qualcosa a Koenig. Era come se Paul fosse stato soltanto un Primo Ministro, non un erede legittimo. Tony Verdeschi era ora entrambe le cose.

Koenig aveva poche altre possibilità di scelta. Non che non gli piacesse Verdeschi, ma non lo conosceva bene. Era diventato capo della sicurezza solo dopo la morte dell'uomo che la dirigeva quando Koenig era arrivato su Alfa. Il capo della sicurezza non era mai stato incluso nelle riunioni dello Staff del comando e raramente accompagnava Koenig in missioni di ricognizione.

Con le perdite sofferte dal personale della Sicurezza nel corso dell'ultimo anno, tuttavia, il suo capo era stato chiamato ad essere più attivo. D'altronde Verdeschi, come Koenig, credeva che un comandante dovesse stare in prima linea, a fronteggiare lo stesso pericolo che i suoi subordinati affrontavano. Era veramente superiore al suo predecessore in ogni circostanza. Ora che erano nello spazio, la funzione della sicurezza era cambiata. Una volta avevano avuto il compito di proteggere la base contro infiltrazioni di eventuali terroristi, di controllare membri della stampa, di fare poco più di quello che due decenni prima ci si aspettava dalla sicurezza degli aeroporti. Ora venivano chiamati a regolare le dispute interne che sorgevano con le ristrettezze della nuova vita di Alfa. Osservavano e confinavano quelli che diventavano violenti per la tensione, la monotonia ed il senso di disperazione del viaggio senza fine nello spazio. Fronteggiavano qualsiasi pericolo inaspettato proveniente dall'esterno delle mura di Alfa.

Tony era veloce ad entrare in azione, adattabile, diffidente quanto bastava e relativamente calmo. Aveva un brutto temperamento, certo, ma non quello imprevedibile che Alan Carter aveva spesso mostrato. Quel tratto del carattere aveva reso il pilota capo non raccomandabile per il posto del numero due, benché Carter ultimamente fosse diventato meno confrontativo, per lo meno con Koenig.

Koenig non aveva invece ancora trovato nessuno che potesse sostituire Kano. Le sue abilità al computer erano senza pari. Ora che era scomparso e che il computer aveva bisogno di un così drastico lavoro di revisione, Koenig stava lasciando che fosse Sandra a riempire il vuoto ed a stabilire una chiara linea d'azione sulle modalità, per Alfa, di utilizzare il computer in futuro.

Per ultima arrivò Helena, con gli occhi asciutti ma apparentemente esausta. Al suo ingresso, Tony guardò un po' nervosamente la sedia vicina a Sandra. Ovviamente, aveva voluto evitare il più a lungo possibile di sedervisi. Il tempo era finito. Si sedette con una smorfia di scusa, diretta in particolare a Sandra. Lei non alzò lo sguardo.

Lo stesso Koenig non si preoccupò di sedersi. Spesso non lo faceva, troppo pieno di energia insoddisfatta. Oggi, sapeva, il gruppo lì radunato aveva anche bisogno di una chiara figura di comandante sulla quale focalizzarsi.

"Immagino che lei abbia finito l'autopsia, Dottor Russell," disse.

Lei annuì. "Sì. Non rivela nulla di inaspettato. La causa della morte è asfissia."

Koenig guardò Carter. "Ha controllato la tuta?"

"Sì. Il sigillo dello stelo della valvola era debole - un punto di tensione quasi invisibile. La valvola era chiusa ermeticamente."

"Come è accaduto che… ?" Iniziò Koenig, ma Helena si chinò subito in avanti. "No," protestò, "lei si sbaglia!"

Koenig la guardò con attenzione. Fu colto non da determinazione, tuttavia, ma da incertezza. Sembrava che Helena non fosse sicura di avere addirittura parlato, o del perché lo avesse fatto.

"Helena?"

Lei scosse la testa. "Io … io non so, John, per un momento…"

"Il sigillo era strappato, Dottoressa," disse Alan. "Su questo fatto non c'è da discutere."

Koenig fece un giro attorno al tavolo per mettersi sopra Carter. "E come diavolo ha fatto un sistema difettoso a passare un'ispezione? È stato ispezionato?"

"Naturalmente, Comandante," disse Carter con stizza. "Non abbiamo mai consentito che nessuno uscisse sulla superficie con una tuta non controllata. Il difetto deve essere stato…"

"Sto sentendo un sacco di frasi incomplete oggi," lo investì Koenig.

Carter sospirò. "Guardandolo ora, non so come possa essere sfuggito; ma è sfuggito."

"Chi ha ispezionato le tute per ultimo?" chiese Koenig.

"Bill Fraser. È l'uomo più competente su cui possa contare."

"È sempre facile ragionare col senno di poi," disse con calma Helena. "È facile ora dire che Bill avrebbe dovuto notare un difetto, ma…"

"Voglio che tutte le tute siano controllate tre volte, da ora in poi. Non voglio perdere nessun altro a causa di un dannato difetto meccanico. Ha capito, Capitano?" Koenig si accorse che stava gridando proprio in faccia a Carter.

Il pilota rivolse lo sguardo al pavimento. "Capito, Comandante."

Koenig si girò verso Helena. "Ha qualcos'altro da aggiungere?"

"No, Comandante. Io… Non è nulla. Suppongo di avere soltanto difficoltà… ad accettarlo."

"Non sei sola, Helena," disse con calma Sandra.

"No," concordò Koenig. "Questo avvenimento sarà difficile per noi tutti. Il servizio commemorativo dovrebbe aiutarci. Voglio che abbia luogo domani." Rivolse lo sguardo verso Helena. "Problemi?"

"Nessuno," disse lei. "Col corpo abbiamo terminato."

Il resto della riunione si svolse con tranquillità. Furono definiti i particolari dell'Operazione "Tana", il suo programma di attuazione completato. Non c'era più nulla da dire sulla morte di Victor, almeno nulla che fosse adatto ad una riunione operativa. Quando finì, Koenig congedò tutti tranne Helena e Tony. Si girò verso Verdeschi, che sembrava ancora piuttosto a disagio. "Come ti stai ambientando?" domandò.

"Beh, Comandante…"

Koenig sollevò immediatamente la sua mano. "Tony… perché non provi a chiamarmi 'John'? Se non ci sentiamo noi due a nostro agio con questa soluzione, è probabile che nessun altro lo sarà."

"Va bene, John. Non so se gli altri - specialmente Sandra - sono a loro agio con il fatto che io sia il loro nuovo capo. Non posso dire di biasimarli. Ci vorrà del tempo."

"Sono d'accordo. Speriamo che il tempo sia qualche cosa di cui disponiamo in abbondanza. Prenditela con calma. Ti verranno dietro. Ora, ho voluto che tu partecipassi alla nostra successiva discussione."

"Voglio saperne di più di questa reazione che hai avuto alla dichiarazione di Alan sulla valvola," disse senza preamboli ad Helena.

"Non posso dirti niente di più, John. È stato come un senso di 'déjà vu', come se già prima avessi sentito rispondere alla tua domanda, ma con una risposta diversa."

"Pensi che non sia stato un difetto della valvola?"

"Naturalmente è stato un difetto della valvola. Cos'altro potrebbe essere stato?"

"Speravo che avresti potuto dirmelo. Ti sei intromessa e hai detto ad Alan che si sbagliava."

"Sì, l'ho fatto. Quello che ha detto sulla rottura della valvola - il fatto che fosse perfettamente chiusa - sembrava semplicemente sbagliato."

"Sembrava sbagliato?" chiese Verdeschi. "Dottore, lei è una professionista. I fatti sono fatti. Non abbiamo lavorato così a lungo insieme, ma non penso che lei sia il tipo da fare asserzioni che non può dimostrare."

"So che non ha alcun senso," concordò lei. "È solo che - per un istante - sapevo che quello che Alan stava dicendo non era vero - con la stessa certezza con cui conosco il mio proprio nome."

Verdeschi si chinò verso di lei. "Quale parte di ciò che Alan ha detto non era vero?"

"Non lo so. L'intera sensazione se n'è andata così rapidamente come era venuta." Lei rivolse lo sguardo verso Koenig. "Senti, dimenticatene. Penso di avere semplicemente problemi ad affrontare la morte di Victor. Ecco tutto."

Egli cercò di raddolcire la sua faccia. Ora, più che mai, lei aveva bisogno di lui, ed aveva paura di essere stato inutilmente duro. Allungò la mano e le afferrò il polso. "Sei sicura di stare bene ora?"

Lei accennò col capo e si sforzò di sorridere. "Non preoccuparti."

Lui si sarebbe preoccupato e non avrebbe dimenticato, ma ogni ulteriore discussione era inutile. Verdeschi lo guardò, vide la decisione nei suoi occhi, e lasciò subito cadere l'argomento.

Helena ritornò al suo alloggio sentendosi debole. Tutto quello che aveva detto a Koenig e a Verdeschi era vero. Non poteva spiegare perché aveva detto quelle cose. La sensazione era venuta e se n'era andata, senza lasciare tracce. Beh, forse aveva lasciato una traccia. In qualche luogo, nei recessi della sua mente e nei suoi sogni nelle notti a venire, avrebbe sempre avuto la sensazione che la morte di Victor Bergman non era stata un incidente. Ma, come Verdeschi aveva detto, i fatti erano fatti, e lei era una professionista. Con il passare dei giorni, che portavano la morte di Bergman sempre più lontana da lei, e con il fatto che le necessità della sopravvivenza richiedevano la sua crescente attenzione, la sensazione sarebbe svanita dalla sua mente cosciente. Allora, nelle menti di ognuno su Alfa, la morte di Victor Bergman sarebbe stata considerata un incidente.

"Ho parlato con te prima d'ora?"

"Forse. Se l'hai fatto, non lo ricordo. Potrebbe essere stato così tanto tempo fa che ho rimosso la conversazione dalla mia memoria. Potrebbe accadere in un futuro ancora a me ignoto."

"Come è possibile?"

"Tutto è possibile."

"Perché mi hai chiesto di venire qui?"

"C'è potenzialità tra i tuoi amici. È una potenzialità che deve essere alimentata se deve realizzarsi. La varietà della vita nell'universo include molti semi. Lasciati ai loro mezzi, molti morirebbero, soggetti alla durezza della vita nel cosmo. Proprio come tu, nella tua vita passata, avresti potuto fertilizzare una particolare pianta per renderla sufficientemente sana per crescere, oppure isolare un'area per permettere ad una specie morente di sopravvivere, così noi scegliamo le specie dalla cui sopravvivenza potremmo trarre profitto e le alleviamo."

"Tu sei Dio?"

"Non più di quanto tu sia Dio, Victor Bergman, e non meno. Sei uno di noi, ora."

"E perché sono qui?"

"Ti abbiamo selezionato per essere colui che alleverà quelli che chiami Alfani. Progetterai i mezzi della loro sopravvivenza, interverrai quando necessario, sfiderai quando richiesto. Sarà come se tu fossi il loro giardiniere."

"O il loro angelo custode?"

"Credo che tu una volta l'abbia chiamata 'una specie di intelligenza cosmica'."

"Allora avevo ragione! Ci hai protetti fin dal principio."

"Sì. Ma i miei tentativi erano evidenti, goffi. Non ero abbastanza familiare con la tua specie e spesso hai sospettato il mio intervento. Credo che tu possa essere più sottile - proteggere la specie che devi curare senza che loro se ne accorgano. Senza il tuo aiuto, morirebbero."

"E con il mio aiuto?"

"Possono morire comunque. Possono conquistare tutto quello che esiste. La scelta è loro."

"Non mia?"

"Mai tua. Le tue capacità saranno limitate. Puoi dargli sempre l'opportunità di sopravvivere, mai la garanzia di sopravvivenza."

"Dio aiuta quelli che aiutano se stessi?"

"È proprio vero."

"Allora temo di doverti chiedere di nuovo: siamo Dio?"

"Siamo scienziati."

"Non hai risposto alla mia domanda."

"No. Dubito che lo farò mai. Rimpiangi di aver sacrificato la vita che conoscevi, Victor Bergman?"

"Rimpiango solo il dolore che ha causato agli altri."

"Il dolore passerà, e qui gli procurerai il maggior bene. Il tuo lavoro sta per cominciare."

"Sì?"

"La tua luna si dirige direttamente verso una distorsione spaziale. C'è un'elevata possibilità che le forze che agiranno su di essa la facciano a pezzi. Tu puoi essere d'aiuto. Ti è anche permesso di guidarla verso la sua destinazione. Ci sono molte possibilità. Protendi la tua mente ed esamina ognuna di esse. Che cosa vedi?"

"Hmm. È bello… e pericoloso. Mi chiedo se mi daresti un po' di tempo per esaminare questa possibilità più da vicino."

"Il pianeta Psychon? Una scelta strana. È quasi sterile."

"È vero, ma sento che è potenzialmente interessante…"

Fine
Racconto © di Steven Wilson.

Collegamenti
Space: 1999 Fiction Archive (lingua inglese):
http://astele.co.uk/s1999/
Transition: 2000 (versione originale inglese):
http://www.space1999.net/cybermuseum/Fans/transition.html