Vincoli di necessità

un racconto di: Michele Tetro
impaginazione e grafica: Marco Vittorini

Nota:
Si è cercato di seguire più fedelmente possibile la timeline
che copre l'ordine progressivo degli episodi originale.

  

   

 

  

Sede della World Space Commission
Houston, Texas, Terra

6 dicembre 1998
Ore 22.35

La porta si aprì automaticamente, scivolando nel suo alloggiamento, e il Commissario Spaziale Gerald Simmonds uscì sull'ampio tetto piatto dell'edificio principale dove aveva sede la WSC. L'aria era fredda, la Luna doveva ancora sorgere e il cielo era limpidissimo, brillante di innumerevoli diademi stellari, immoti nel loro lucore diafano. Simmonds ebbe un brivido, soffiando una nuvoletta di fiato condensato. La riunione della Presidenza si era protratta molto oltre i suoi termini e quando era uscito dalla sala dell'assemblea gli era stato detto che sua figlia era salita in cima alla torre circa mezz'ora prima.

"Carla, dove sei?", chiamò Simmonds nel buio, rabbrividendo nuovamente, "È ora di rientrare!"

Dall'angolo occidentale della torre, dove era installato un telescopio riflettore da quaranta centimetri, gli rispose una vivace voce femminile.

"Sono qui, papà!"

Simmonds si diresse verso la stazione-osservatorio. Doveva aspettarsi di trovare lì sua figlia, come ogni sera. La ragazza adorava passare le lunghe ore di attesa utilizzando il telescopio per sondare le distese dello spazio, affascinata dal grande disegno cosmico. Non le importava che suo padre facesse tardi alle riunioni della World Space Commission, se nel frattempo poteva stare tranquilla ed indisturbata con l'occhio poggiato sull'oculare del telescopio.

Carla Meta Simmonds, undici anni, corse incontro a suo padre, abbracciandolo con affetto. Il Commissario restituì l'abbraccio, scompigliandole i lunghi capelli neri: "Non ti avevo detto di non restare troppo a lungo qui fuori, al freddo?", la rimproverò bonariamente.

"Ma il telescopio è qui, e il cielo è stupendo! Si vede benissimo Giove… solo non sono riuscita a trovare il nuovo pianeta".

"Non puoi vederlo. È troppo lontano… per ora. Oh, volevo dirti che adesso ha un nome, non più una sigla alfanumerica". Simmonds abbassò il tubo del telescopio, richiudendo la stazione con la copertura di plastica semirigida.

"Vuoi dire…?", gli occhi scuri della ragazzina brillarono di gioia.

"Ma certo. Te lo avevo promesso. Il pianeta ha proprio il tuo nome", disse con falsa noncuranza il Commissario, trattenendo un sorriso.

"Meta! Lo avete chiamato Meta!", strillò felice Carla Meta, tornando ad abbracciare impetuosamente suo padre, "Oh, grazie, papà!"

"È un nome adatto per questo nuovo mondo. Ti ricordi di Giovanni Petra, primo comandante della Base Lunare Alpha? Mi ha detto che in italiano Meta significa Destinazione… e Meta è proprio la nostra destinazione!"

"Tu porterai un uomo lassù, vero papà? Riuscirai a fare dimenticare il disastro della Sonda Ultra, non è così?"

"Certamente. Ultra è perso, ormai… ma Meta ci aspetta, piccola. Presto lo raggiungeremo".

"Papà, ti voglio bene!", esclamò la bambina, baciando il commissario con uno schiocco sonoro.

"Sì, sì, va bene… ma ora andiamocene. Fa troppo freddo quassù", disse Simmonds, dando un leggero buffetto sulla guancia della giovane.

Ma il sorriso era scomparso dal viso di Carla Meta, sostituito da una rassegnata malinconia. Si voltò e sollevò lo sguardo al cielo, alle vaste distese dello spazio.

"Sì, fa freddo, papà…", mormorò, a bassa voce, "Ma tra poco io sentirò molto più freddo, non è vero?"

Gerald Simmonds s'irrigidì e una fitta di dolore gli attraversò l'intero corpo. I suoi pugni si chiusero, tremando, e quel brivido affondò sempre di più nel suo essere, agghiacciandolo. Ma Carla Meta era nuovamente tornata di buon umore e gli strizzò l'occhio tornando a voltarsi e prendendolo sottobraccio. "Dai, papà… andiamo a mangiare una pizza, vuoi?"

"Sì… sì, andiamo", Simmonds scosse la testa, poi si lasciò trascinare da sua figlia verso l'ascensore.

 

 

Base Lunare Alpha
Ufficio del Comandante
151 giorni dall'abbandono dell'orbita terrestre

Ore 12.45 tempo lunare

John Koenig, comandante della Base Lunare Alpha, si alzò dal lucido tavolo di comando, lasciandovi lì il pezzetto di carta arrotolato. Si sentiva stanchissimo, con un peso sullo stomaco, e desiderava solo andare a dormire… posto che fosse riuscito a prendere sonno. Sostò davanti al grosso mappamondo grigio e nero, scrutandolo con occhi severi, lo fece girare leggermente. Forse doveva toglierlo da quella posizione, sempre visibile quando i pannelli sulla Main Mission erano aperti… non era certo che giovasse al morale del personale di turno nella grande sala comando. La Terra, ormai, era persa per sempre.

"Eppure, anche se per un breve istante… e per uno solo di noi… poco fa era a portata di mano", pensò, mestamente.

Discese i tre gradini, avviandosi verso la serie di finestre rettangolari. Fuori, sopra le compatte costruzioni di superficie della base, il cosmo incombeva come sempre, nell'eterna alternanza di luce e buio. Alla sua sinistra, lontana sulla sua piattaforma di lancio, un'Aquila si stava sollevando in volo per una ricognizione di routine. Koenig non aspettò di vedere l'astronave, più simile ad un alligatore che al rapace di cui portava il nome, sorvolare la Torre di Comando, ormai avvezzo a tali spettacoli, e infine si decise a sedersi sul comodo divanetto lungo la parete, accavallando le gambe e poggiando la testa sullo schienale.

Aveva appena cominciato a rilassarsi, quando udì il familiare doppio beep del commlock squittire. Attivò il piccolo monitor incastonato sulla cima e vide le fattezze di Victor Bergman delinearsi sul video.

"John, ti disturbo?", chiese lo scienziato, lisciandosi un po' imbarazzato la calvizie incipiente.

"Vieni, Victor", Koenig azionò l'apertura del pannello più piccolo che dava sulla vasta e luminosa Main Mission, permettendo a Bergman di entrare nell'ufficio. Una rapida occhiata alle sue spalle gli confermò che l'attività nel salone era ripresa in modo normale.

"Ah, John", gli sorrise Bergman, scrutandolo attentamente con i suoi limpidi occhi grigi, "Va tutto bene?"

"Siediti, Victor", lo invitò Koenig con un cenno della mano, "Situazione generale?"

"Oh, tutto tranquillo. Paul mi sta preparando un sunto di tutto quello che abbiamo raccolto sulla nave kaldoriana, glielo ho chiesto io per poter studiare con comodo quanto appreso sulla loro tecnologia. Ah, ho permesso ad Alan di andare in volo senza che te lo chiedesse, anche se non toccava a lui, quel ragazzo frigge quando è lontano dall'abitacolo di un'Aquila… ho fatto male?"

Koenig sorrise: "Non ti preoccupare… ho visto l'Aquila decollare. Chi c'è al suo posto?"

"Si è offerto Fred Johnson per il primo turno, ma Alan sarà presto di ritorno".

"Come sta Helena?", chiese Koenig, cambiando discorso e tornando serio.

"Uhm… le passerà, vedrai". Bergman sedette sul divano di fronte al comandante. Koenig lo fissò intensamente, poi si sporse verso il vecchio amico, improvvisamente animatosi.

"Victor," iniziò, con voce grave, "Voglio il tuo parere sincero su quanto è successo a Simmonds".

Victor Bergman annuì, corrugando la fronte spaziosa. "John, so a cosa stai pensando. Pensi che il capitano Zantor sia stato la causa della morte del Commissario. Non servirà a nulla che tu ti arrovelli così l'animo, ormai la faccenda è chiusa".

"Non mi hai risposto, Victor. Credi che Zantor abbia volontariamente provocato la morte di Simmonds?", insisté Koenig, accalorandosi, "Una risposta sincera!"

Bergman tacque per qualche istante, unendo le mani davanti al viso e puntandosi i pollici al mento: "La verità, John… è che forse tutti noi abbiamo condannato Simmonds. Tutti noi che sapevamo siamo colpevoli quanto Zantor, se davvero si tratta di attribuire una colpa. Nessuno ha toccato la questione quando eravamo ancora in tempo per poterlo fare".

Koenig si alzò di scatto, tornando alla finestra. "Hai ragione, Victor… tu, io ed Helena sapevamo che bisognava programmare la matrice biologica personale di Simmonds, prima di iniziare il processo di deanimazione. Ma non abbiamo pensato di accertarci che ciò fosse fatto!"

"John, Simmonds ha tentato di distruggere Alpha! Non ci avrebbe pensato su due volte, pur di raggiungere il suo scopo, lo abbiamo visto tutti!"

"Questo è irrilevante, ora. Zantor ci ha colpiti tutti con il suo modo di fare… nobile, solenne. Ma comincio a credere che in realtà fosse fin troppo simile a noi umani, con istinti e passioni irrazionali pronti a manifestarsi. Victor, credo che Zantor abbia voluto… vendicarsi su Simmonds!"

"Perché ci ha minacciato di distruzione?"

Koenig scosse la testa: "No. Questo no. Piuttosto, perché il dottor Russell non ha potuto tornare con i Kaldoriani sulla Terra!"

"Via, John… posso magari credere che vi sia stato del tenero tra Helena e Zantor… ma non che Zantor abbia potuto consapevolmente macchiarsi di omicidio per questo!"

"Lo credi davvero, Victor?", ribadì Koenig, tornando a sedere, "Non ne sono più tanto convinto".

"John, calmati", lo scienziato assunse un tono paternalistico, "Sei ancora scosso, come tutti, da quanto è successo. Simmonds non godeva di troppe simpatie su Alpha, per quella sua arroganza e mancanza di scrupoli… ma certo Zantor non può aver voluto la sua morte. Rifletti: i Kaldoriani stanno tornando sulla Terra con a bordo un terrestre morto, il Commissario della World Space Commission… come pensi reagiranno i nostri simili, di fronte a questo fatto? Credi davvero che Zantor, nella sua posizione, avesse voluto correre un rischio così grande?"

Koenig indurì i lineamenti: "Vuoi dire che… i Kaldoriani rischierebbero di non essere creduti così pacifici dai Terrestri? Già, con un uomo morto sulla loro nave… proveniente da Alpha!"

"La prima cosa che penseranno laggiù non sarà certo a favore dei Kaldoriani… i nostri simili saranno come minimo sospettosi nei loro confronti… sempre che la Terra esista ancora, ovviamente".

"È vero. Zantor non può non aver pensato a questo fatto. Simmonds doveva essere anche la sua garanzia per un pacifico contatto con la Terra. Non poteva permettersi di ucciderlo, anzi! Allora è chiaro… è solo colpa nostra!"

Bergman sorrise con fare comprensivo: "Non sappiamo nulla di quel che è accaduto dopo che Simmonds e Zantor sono saliti sulla talpa per la rampa. Può anche darsi che il Commissario non abbia permesso a Zantor di tracciare il suo profilo biologico per il computer dell'astronave, non fidandosi dei Kaldoriani, avrà messo loro fretta… al che la colpa sarebbe solo sua. John, Simmonds sapeva della matrice?"

Il comandante rifletté: "Non lo so. Credo di sì, era sempre molto ben informato su tutto quel che concerneva la nave kaldoriana… può averlo saputo sicuramente."

"Allora non hai il diritto di accusarti, John, né di accusare Helena o Zantor o me. Simmonds lo sapeva, ma era così sovreccitato da averlo scordato. Aveva i nervi a pezzi, era armato, aveva appena tentato di distruggere la base. Ha dimenticato, come abbiamo fatto del resto tutti noi".

Koenig si appoggiò nuovamente allo schienale: "Dovrei sentirmi meglio, adesso?"

"Io credo di sì… per quanto possibile. Dopotutto, Simmonds voleva solo tornare a casa… come ognuno di noi. Ha cercato di farlo spingendosi oltre i limiti consentiti, e ha pagato un prezzo molto alto. Sì, ora tornerà sulla Terra… ma non potrà fare altro, non più. Una tragica ironia".

"Ironia, sì…", mormorò Koenig, pensosamente, "Gli orrori più grandi raramente sono esenti da ironia…"

"Ah, una citazione… la ricordo, aspetta… Edgar Allan Poe?"

"Ci sei andato vicino", sorrise Koenig, "Howard Phillips Lovecraft. Ma non sai a cosa sto alludendo".

Bergman inarcò un sopracciglio interrogativamente e Koenig recuperò il pezzo di carta lasciato sul tavolo, porgendoglielo: "Il nome prescelto dal computer. L'Alphano che sarebbe dovuto tornare sulla Terra…"

Lo scienziato aprì il foglietto, lesse il nome ed impallidì: "Mio Dio, John…Simmonds!"

Koenig annuì: "Simmonds. Tutta questa situazione assurda… per niente!"

I due uomini tacquero, ciascuno immerso nei propri pensieri. Bergman si riscosse, piegando il foglietto di carta: "Eh, sì, John… una tragedia, che dovrebbe indurre quasi al riso se non fosse appunto… una tragedia. Pensi di rendere noto il nome al personale? Presto qualcuno vorrà sapere chi avesse effettivamente scelto il computer…"

"Lo sappiamo tu, io e Helena. Nessun altro lo saprà. Victor… è meglio dimenticare questa storia al più presto."

"Sono d'accordo", Bergman fece per alzarsi, si fermò, cambiò idea a tornò a sedersi, "John. Mi stavo chiedendo, riguardo a Simmonds…"

 

 

Stazione Orbitante Centauri
Quartiere Privato della Commissione

2 dicembre 1998
Ore 06.40 tempo orbitale

Il professor Victor Bergman fu accompagnato dal tenente della sicurezza Pierce N'Dole al Quartiere Privato della Commissione, sulla Stazione Orbitante Centauri, dove era atteso dal nuovo Commissario in carica provvisoria Gerald Simmonds. Era piuttosto a disagio per quella scorta armata ma aveva già avuto modo di conoscere il silenzioso N'Dole nelle sue precedenti visite sulla Base Lunare Alpha e aveva trovato alla fine simpatico il congolese dalla manica viola.

"Siamo arrivati, professore", disse N'Dole, posizionandosi accanto al portello e premendo un tasto sul pannello. "L'aspetterò per accompagnarla all'Aquila".

"Grazie, N'Dole. Ho sentito che presto sarà trasferito permanentemente su Alpha. Avremo modo di rivederci". Bergman strinse la mano all'uomo della sicurezza e fu introdotto nel piccolo ufficio privato del Commissario. Era un ambiente chiuso ma confortevole, imbottito e rivestito in pannelli di legno, con scaffali pieni di libri sull'esplorazione e la storia astronautica, vagamente retrò nello stile d'arredamento ma di piacevole effetto. Il Commissario in carica provvisoria Simmonds si alzò da un tavole pieno di carte, dando il benvenuto al famoso scienziato.

"Professor Bergman, si accomodi", esordì, dopo avergli stretto la mano, "Sono lieto di conoscerla di persona".

"La ringrazio, piacere mio di incontrare lei. Come sta l'Alto Commissario Dixon?"

Simmonds inarcò un sopracciglio, trattenendo un sorrisetto malevolo: "Ha i suoi guai e non credo che ne uscirà bene. Il fallimento della Missione Ultra ha generato uno scandalo notevole. Fonti sicure danno per certo che verrà silurato alla prossima Assemblea della World Space Commission. Immagino che la cosa non le dispiacerà, considerando il modo quasi brutale con cui lei, Cellini e Koenig siete stati trattati da lui."

Bergman sollevò le spalle, con noncuranza: "Chi ci ha rimesso davvero, oltre a Cellini, è stato il Programma Spaziale in generale".

Simmonds sedette al tavolo: "Giusto, professore. Ma ora il Programma Spaziale tornerà sulla cresta dell'onda… e ancora una volta grazie a lei, sembra. Mi parli della sua scoperta".

"È confermata, Commissario Simmonds. Il Sistema Solare ha dieci pianeti. Il corpo celeste in questione si trova oltre l'orbita di Plutone, con ellittica molto accentuata. Non è un asteroide particolarmente grosso ma un vero e proprio pianeta, molto più grande di Plutone stesso. I primi dati rilevati dall'osservatorio della Base Alpha… ah, beh, sono risultati di estremo interesse, e, per una curiosa coincidenza che sta tuttora facendo discutere il personale di Alpha, sembrano molto simili a quelli di Ultra".

"Vuol dire che lasciano prevedere la possibilità che si tratti di un mondo dalle caratteristiche terrestri?", chiese Simmonds, fissando intensamente lo scienziato.

"Per quanto possa sembrare incredibile… è proprio così. Quello che avrebbe dovuto essere un pianeta ghiacciato, data l'estrema lontananza dal Sole, risulta possedere invece peculiarità orbitali, di massa, di luminosità, di spettro e di gravitazione molto simili a quelle di Ultra, e quindi a quelle della Terra. È inspiegabile, ma è così", confermò con sicurezza Bergman.

"Bene, professore, bene", Simmonds si sfregò le mani, "Abbiamo perso la nostra grande occasione con Ultra, un pianeta errante che è apparso nello spazio per poi scomparire nuovamente, risucchiato chissà dove. Abbiamo il naufragio cosmico di Astro 9 con cui fare i conti, un equipaggio perduto, una storia pazzesca di piovre mostruose e mistero assoluto, forse un caso di pazzia, la reputazione della Commissione Spaziale presso i media ridotta a pezzi. È giunto il momento di riparare a tale situazione. Il nuovo mondo ce ne offre la possibilità, grazie soprattutto alla caparbietà con cui lei ha dimostrato la sua teoria".

"Commissario", obiettò Bergman, "Come giustamente sta dicendo stiamo ancora risentendo degli effetti del disastro Ultra. Poiché il pianeta è comunque in orbita attorno al Sole abbiamo tutto il tempo di poterlo studiare a dovere prima di imbarcarci in una nuova e dispendiosa missione spaziale dall'esito incerto…"

"Professor Bergman", il tono di Simmonds si fece duro, "Le posso assicurare che saremo sul nuovo mondo prima della fine del novantanove. Dobbiamo distogliere l'attenzione del pubblico dal problema delle scorie atomiche stoccate sulla Luna e risollevare le sorti della World Space Commission. Io mi prodigherò a fare sì che una nave con equipaggio a bordo raggiunga il pianeta quanto prima. Sarà la conquista del nuovo millennio. Desidero che lei abbia tutto l'appoggio che le occorre su Alpha per continuare a fornire dati sul decimo pianeta. Tornerà quindi sulla Luna e coordinerà ogni fase di studio e di analisi. Per quanto riguarda me… è quasi certo che l'Alto Commissario Dixon rassegnerà le proprie dimissioni quanto prima. Come nuovo Commissario Spaziale in carica le chiedo fin da ora di indicarmi la persona più adatta a seguire l'evolversi della missione in ogni suo stadio, basandosi sulla sua precedente esperienza riguardo ad Ultra".

Bergman non esitò a rispondere: "C'è un solo uomo in grado di garantire assolutamente quanto lei sta chiedendo, Commissario, fornito delle capacità tecniche, scientifiche e caratteriali adeguate ad una tale mansione…"

"Sta per suggerirmi il nome di John Koenig, non è vero?", l'interruppe Simmonds, divertito, "Sì, ci avevo pensato già anch'io. È un ottimo elemento, un nome importante… esperto nel suo lavoro e dotato di notevole carica umana, da quel che mi risulta. Soprattutto, un fiero avversario del Commissario Dixon, cosa che nell'ottica del mio schieramento non guasta affatto. Ma, Bergman…", il tono del Commissario sembrava non ammettere repliche, " Koenig è un astronauta, che ha perso la possibilità di comandare la Missione Ultra a suo tempo. Vorrà senz'altro pilotare di persona l'Astro 10 ma io desidero che sovrintenda alla nuova missione in tutte le sue fasi qui, dal Controllo. È un uomo troppo importante e solo lui ha le caratteristiche idonee a seguire l'intero progetto al meglio. Perciò, come prima cosa dopo che Dixon si sarà dimesso, proporrò John Koenig come nuovo comandante della Base Lunare Alpha, che sarà il Controllo Esecutivo della Missione".

"Una scelta giusta", concordò Bergman, "Credo che John approverà e ne sarà orgoglioso. E l'attuale comandante, Gorski?"

"Non è all'altezza. Seguirà il destino di Dixon", rispose gelidamente Simmonds, senza darsene troppo pensiero, "Ho intenzione di ordinare il dirottamento della Sonda Spacefarer 9, in modo che si avvicini più possibile al nuovo mondo e possa raccogliere tutte le informazioni che le servono. Bergman, da adesso in poi lei farà capo unicamente a me e mi terrà costantemente aggiornato su ogni novità. Ha la facoltà di scavalcare lo stesso Gorski, con un canale in codice che le farò attivare. Chieda pure tutti gli assistenti e le attrezzature che le servono. Nessuno dovrà fermarci, questa volta, nessuno. Dobbiamo fare scendere un uomo su Meta, ad ogni costo!"

"Meta?", si meravigliò lo scienziato, inarcando un sopracciglio.

Simmonds sorrise: "Ah, sì, professore… è il nome del nuovo pianeta. Meta, la nostra destinazione".

 

 

Base Lunare Alpha
Ufficio del Comandante

151 giorni dall'abbandono dell'orbita terrestre
Ore 12.50 tempo lunare

"… perché questa sua grande insistenza nel volere tornare sulla Terra?", Victor Bergman puntò il pollice verso il comandante, stringendo gli occhi, "Voglio dire, sì, è vero che molta gente qui su Alpha ancora non si è rassegnata alla perdita della Terra. È anche naturale una cosa del genere. Ma lui… lui ne ha patito le conseguenze più degli altri. La sua sembrava quasi… un'ossessione".

"Sì, Simmonds non ha mai smesso di confidare in un nostro ritorno a casa", confermò John Koenig, giocherellando con una penna, "… né credo mi abbia mai perdonato la decisione di non tentare il rientro d'emergenza con un'improvvisata Operazione Exodus, quel 13 settembre. Ricordi le sue uscite, ad ogni riunione del comando? L'ultima volta è riuscito ad esasperare anche Sandra, oltre a diventare ogni giorno che passava più intrattabile e chiuso in se stesso. La vita comune su Alpha non lo ha mai attirato, non aveva amici…"

"Un preoccupante peggioramento caratteriale, quasi una psicosi. Ma quel che voglio dire, John, è un'altra cosa. Dopo che Zantor ha rivelato che ci sarebbero voluti ben 75 anni per tornare sulla Terra, anche i più irriducibili nostalgici hanno mutato parere al riguardo. Lo so perché ho sentito alcuni pareri e voci circolare, qui e là… Settantacinque anni in deanimazione. Come giustamente facevi notare tu, la maggior parte dei nostri amici o familiari lasciati sulla Terra non sarebbe più stata là ad aspettarci. E pian piano, anche l'idea che la Terra stessa non potesse essere scampata al disastro del 13 settembre, cosa possibilissima, ha contribuito a raffreddare gli animi più sensibili. Simmonds invece ha continuato a coltivare e ad alimentare il suo desiderio… mi sembra una cosa curiosa, non trovi?"

Koenig guardò l'amico, cercando di intuire dove volesse andare a parare: "Lui stesso mi disse che qui su Alpha non aveva mansioni… e che proprio per questo era la scelta più giusta permettergli di tornare sulla Terra. Una scelta… ", il suo tono si fece amaro, "… che anche il computer ha trovato logica".

"John", il professor Bergman gettò un'occhiata fuori dalla finestra, assumendo un atteggiamento meditabondo, "Simmonds non era uno stupido. Qui si Alpha sì è… come dire, abbruttito, per qualche motivo specifico che andava oltre il semplice desiderio di tornare a casa. Oh, non era neppure uno stinco di santo e credo che ne abbia combinate di belle per giungere dov'era giunto, sulla Terra. Lui o il suo partito politico hanno silurato l'ex Commissario Dixon dopo la faccenda della Sonda Ultra, le sue manovre hanno mosso come burattini anche molti di noi. Se sono rimasto sulla base per concludere i miei lavori di studio su Meta è perché lui lo ha voluto… e tu stesso, come comandante in sostituzione di Gorski, sei il risultato di una sua decisione."

"Che gli è costata cara, a quanto pare…", mormorò Koenig, con voce piatta.

"Gorski era il braccio destro di Dixon e tu, dopo l'affare Cellini, sei diventato il suo più acerrimo oppositore. Doveva per forza recuperarti per dare il via alla Missione Meta, la tua precedente esperienza ti rendeva insostituibile. Ma quel che sto cercando di dire è un'altra cosa… cosa può spingere un uomo a mettere a repentaglio la vita di trecento persone, pur di conseguire i propri scopi? John, perché Simmonds voleva tornare sulla Terra a tutti i costi, così ostinatamente?"

"La sua posizione in seno alla World Space Commission era unica. Certo la sua carica era la più importante di tutte, Simmonds aveva davvero un grande potere su tutte le faccende riguardanti lo spazio. Qui invece non era nulla. Credo che volesse tornare a rivestire i panni di burattinaio assoluto…"

Bergman scosse la testa: "Non credo. Settantacinque anni di viaggio, John. Quante cose saranno cambiate sulla Terra, nel frattempo… forse gli stessi continenti spazzati via dalla catastrofe, la tecnologia infranta e abbattuta… no, Simmonds non poteva pensare di poter tornare alla sua antica posizione."

"Ma allora…"

"Ci doveva essere dell'altro. Qualcosa che non sappiamo, qualcosa di terribilmente importante per lui. Ripeto, Simmonds non era un idiota. Io l'ho conosciuto prima di te, dopo la scoperta di Meta. Non voglio dire fosse esattamente una brava persona, dopotutto era un politico… quel tipo di politico senza scrupoli che non potrà mai essere amato. Ammirato forse, amato no di certo. Quell'uomo, pur per portare acqua al suo mulino, senz'altro, ha fatto di tutto per mettermi in condizione di poter lavorare ai miei studi con tutta l'assistenza possibile…"

"Victor, so che ha lottato con tutte le sue forze per avere il controllo della Missione Ultra, passato invece a Dixon… e tu eri convinto dell'esistenza del decimo pianeta del Sistema Solare. Una scoperta che, qualora realizzatasi, Simmonds avrebbe voluto tutta per sé, per poter agire come gli pareva. Non gli sarà sembrato vero quando hai comunicato l'effettiva esistenza di Meta, da poter strumentalizzare a suo piacere… recuperare lo scacco subito con Ultra e Dixon!"

"Forse. Ma io sono convinto che sotto ci sia dell'altro…", insisté Bergman.

"Andiamo, Victor", Koenig sedette sull'angolo del divanetto, accanto allo scienziato, "Due giorni dopo l'uscita dall'orbita terrestre, Alan Carter ha fermato Simmonds che cercava di salire a bordo dell'Aquila 4, minacciando il pilota Mike Donovan a guidare l'astronave, ben intenzionato a perdersi nello spazio pur di tornare sulla Terra. Ho dovuto farlo tenere d'occhio dalla sorveglianza, ricordi? Era sul punto di perdere il controllo, tesissimo, e la crisi è puntualmente scoppiata prima di avvicinarci a Terra Nova. Si era estraniato da tutti e da tutto e alla fine è crollato. Cedimento totale del sistema nervoso. Helena l'ha tenuto per un mese in stato di incoscienza forzata, sperando che recuperasse l'equilibrio mentale. Neppure l'attraversamento del Sole Nero lo ha poi convinto che ogni tentativo di comunicare con la Terra era ormai solo un sogno."

"Abbiamo davvero attraversato il Sole Nero, John? Forse l'entità che vi presiedeva semplicemente ha fatto sì che la Luna non ne venisse inghiottita… cosa che l'arrivo della nave kaldoriana sembra confermare, dal momento che il loro computer era regolato sulle nostre coordinate. Ho sempre pensato che alla fine noi ci troviamo ancora nel nostro vecchio universo… e non altrove".

"Ha forse importanza saperlo davvero?"

"Per Simmonds l'ha avuta…"

"Non è questo il punto, ora. Le proposte di Simmonds sul destino dei Kaldoriani si erano fatte via via più criminali. Riteneva Zantor e la sua gente sacrificabili per sei di noi. Non posso accettare il fatto che possa esistere anche una solida valida ragione perché un uomo possa comportarsi come si è comportato Simmonds!"

"Forse hai ragione. Senti, John. Perché non vai a dare un'occhiata nel suo alloggio?"

Koenig fissò Bergman, stupito: "Per quale motivo dovrei farlo?"

"Può darsi che Simmonds, prima di decidere di fare quel che ha fatto, abbia lasciato un messaggio, una spiegazione… una giustificazione del suo agire".

Koenig tacque per alcuni istanti: "Anche se fosse, e non lo credo", riprese, "a cosa servirebbe?"

"Forse ad acquietare il tuo senso di colpa". Bergman si alzò dal divano, avviandosi verso il portello della Main Mission. "Bene, io vedrò nel frattempo se Paul Morrow ha approntato quei darti che gli ho chiesto. A più tardi, John".

Dopo che Bergman fu uscito, John Koenig rimase solo nel suo ufficio, cupo in viso. All'improvviso si avviò verso la colonnina dell'intervideo, azionando il pulsante che lo metteva in comunicazione con la postazione del cibernetico David Kano. Il volto pieno del nigeriano apparve sul monitor dopo alcuni secondi: "Sì, comandante?"

"Kano, contrordine. Vorrei che i sigilli posti sull'alloggio di Simmonds siano momentaneamente tolti. Dica al professor Bergman di raggiungermi lì appena può."

"Bene, signore", Kano tolse la comunicazione e Koenig si appoggiò alla colonnina. Forse lo scienziato aveva ragione. Un'indagine accurata nell'alloggio di Gerald Simmonds avrebbe potuto fornirgli le risposte che cercava. Se c'erano, delle risposte…

 

 

Sede della World Space Commission
Houston, Texas, Terra

4 dicembre 1998
Ore 16.32

L'Assemblea Generale della World Space Commission, a porte chiuse, si risolse con votazione unanime. La dirigenza Dixon fu rilevata quasi in blocco, con un'aggiunta suppletiva di accuse inerente una non chiara gestione di rapporti tra l'ex Alto Commissario e il suo predecessore, Jerome Trapnell, che si era fervidamente opposto all'avvio Missione Ultra, memore dei precedenti disastri spaziali del Programma Astro. Il partito di Simmonds riportò alla luce una inchiodante documentazione inedita che fece crollare la linea difensiva della fazione di Dixon. Uno scandalo nello scandalo non poteva che portare ad un'unica risoluzione. Farnsworth Dixon uscì dall'arena giudiziaria col volto tirato, evitò il confronto coi giornalisti assediati presso tutte le uscite, intenzionato a salire sulla piattaforma dell'ultimo piano della WSC, dove un elicottero lo avrebbe portato via. Il nuovo Commissario lo attendeva presso l'ascensore: l'incontro risultò inevitabile.

"I miei complimenti, Simmonds", disse pacatamente Dixon, "Ora è lei al vertice. Peccato che, nonostante quanto ha tramato per portare al rinnovo della Commissione, con questo plateale tentativo di discredito, non possa anche rivalersi sul fatto che non ha ottenuto il posto che tanto bramava nel Programma Spaziale quando ancora poteva diventare celebre. Non c'è più un pianeta Ultra che possa consacrarla come nuovo Cristoforo Colombo dell'Era Spaziale…"

"Ne è così sicuro, Dixon?", sogghignò Simmonds, tendendogli un fascicolo di carte in una busta di plastica azzurra, "Volevo che le avesse questo dossier, che potrà leggersi con calma durante il volo. Viene dalla Base Lunare Alpha…"

"Da Alpha? Impossibile quindi che possa averlo ricevuto lei. Il comandante Gorski…"

"Il comandante Gorski", l'interruppe Simmonds, "non è al corrente dell'invio. Ho approntato un canale confidenziale a Codice Alpha, che mi mette in comunicazione diretta con l'osservatorio lunare. Victor Bergman è ora l'unico responsabile del settore".

"Sopra l'autorità di Gorski? Lei è davvero un machiavellico ed intrigante personaggio. Posso sapere il perché di tutta questa segretezza?", chiese Dixon, masticando amaro.

"Sì. Vede, Dixon… io non amo perdere. E raramente perdo. Lei ha vinto la battaglia per Ultra, che però si è trasformata in una nuova Waterloo per il suo partito. Io ho atteso pazientemente, riponendo fiducia in coloro che lei ha cercato di estromettere dal Programma Spaziale. Si dà il caso che Bergman, dopo anni di ricerche, abbia finalmente individuato il decimo pianeta del Sistema Solare."

Dixon strappò di mano i documenti al nuovo Commissario, agitato: "Ma che diavolo sta dicendo, Simmonds? Un nuovo pianeta?". Scorse velocemente il plico, impallidendo.

"Proprio così. Il che vuol dire una nuova Missione Astro. Astro 10, sotto la direzione del mio partito. Il Programma Spaziale, da lei così danneggiato, saprà risollevarsi come gli compete. Conto di fare atterrare un uomo sul nuovo pianeta entro la fine del Millennio". Lo sguardo di Simmonds era trionfante. Dixon non riuscì a sostenerlo, sconfitto su tutti fronti. "E, Dixon…", sussurrò Simmonds, ammiccando, "questa volta non falliremo".

"Capisco. Quindi il comandante Gorski non sa ancora nulla di tutto questo?"

"Nulla. Renderò pubblica la notizia da qui, sulla Terra. Non appena avremo risolto gli ultimi problemi con la questione delle scorie atomiche, Gorski verrà sostituito da un uomo di mia fiducia, che supervisionerà le fasi salienti della missione".

"Posso chiedere chi sarà?"

"Il nuovo comandante di Alpha sarà John Robert Koenig. È l'uomo giusto per questo compito".

Dixon annuì, con un sorriso spento: "Già, Koenig. Prima Bergman, ora lui. Le consiglio, Simmonds, di non affidare l'astronave al capitano Tony Cellini, comunque… non vorrei vederla in seguito nei miei stessi panni".

Simmonds non raccolse l'ironia: "Non si preoccupi. Ciò non accadrà nuovamente. Le auguro buon viaggio". Simmonds diede le spalle a Dixon, avviandosi agli uffici della WSC. "La vittoria si scambia con gli uomini, Dixon", fu il suo ultimo commento.

L'ex Alto Commissario lo seguì con lo sguardo, che riportò poi sul plico contraddistinto dal familiare distintivo trapezoidale con sistema Terra-Luna, identificativo di Alpha. Prese l'ascensore, in cupo silenzio.

 

 

Base Lunare Alpha
Alloggio del Commissario Simmonds

151 giorni dall'abbandono dell'orbita terrestre
Ore 13.25 tempo lunare

Nonostante gli alloggi della Base Lunare Alpha fossero dotati di ogni comfort, quello del Commissario Simmonds sembrava essere molto spartano ed essenziale. Nessun oggetto personale era visibile sulle mensole e negli armadietti a muro aperti, nessun libro era poggiato sui divisori, nulla che sembrasse rimandare alla presenza di un inquilino. Ma Gerald Simmonds era giunto su Alpha, quel fatale 13 settembre 1999, solo poche ore prima che la Zona Due esplodesse nell'apocalittica deflagrazione che aveva trasformato la Luna in una gigantesca e ingovernabile astronave, scagliandola fuori dall'orbita terrestre. Non era previsto che il Commissario permanesse più di tanto su Alpha, anche se il destino aveva deciso altrimenti, e quindi i suoi quartieri erano desolatamente privi di ogni tocco personale. Koenig e Bergman non avevano trovato nulla di interessante, nessun messaggio scritto che potesse spiegare il comportamento da ammutinato di Simmonds. Il comandante stava a braccia conserte al centro della stanza, con espressione indecifrabile sul viso.

"Ti aspettavi davvero di trovare qualcosa, Victor?", chiese, rivolto allo scienziato.

"Beh, John… in verità sì", Bergman sedette sulla mensola della struttura divisoria, grattandosi le basette, "Mi aspettavo di trovare qualcosa…"

"Non ti capisco, Victor. Non riesco a vedere alcuna altra motivazione del comportamento di Simmonds che non fosse frutto della sua egoistica ossessione nel tornare sulla Terra".

"Un desiderio illogico, John! Non avrebbe comunque trovato nulla sulla Terra, nella più rosea delle ipotesi, che potesse rimandarlo all'anno 1999! Settantacinque anni di progresso sono tanti… non sarebbe più stata casa sua! Sarebbe stato un estraneo, molto più che qui su Alpha!", esclamò il professore, con veemenza, "Tu sei la persona con la quale Simmonds ha avuto più contatti. Non ricordi di aver mai sentito da lui qualche spiegazione in proposito?"

"Spiegazione? Del perché volesse tornare sulla Terra? Io e Simmonds non abbiamo fatto altro che scontrarci su ogni argomento dopo la catastrofe. Nella situazione d'emergenza in cui versavamo, non avevo né tempo né voglia di ascoltare le sue lamentele da politicante. No, non ricordo nulla…"

"Capisco. Bene, forse mi sarò sbagliato. Direi che sia inutile restare qui".

"Stiamo cercando invano una giustificazione che possa riabilitare Simmonds ai nostri occhi… forse non possiamo davvero trovarla. Era giusto che tentassimo, comunque. Qualsiasi cosa pur di poter dimenticare le sue grida dallo spazio. Mi sembra di sentirle ancora nelle orecchie". Koenig poggiò le mani sulle spalle di Bergman, che gli sorrise comprensivo, dandogli a sua volta una pacca sul braccio.

"Ti comprendo. Simmonds è stato destinato ad una morte spaventosa… non possiamo fare a meno, ora, di provare una certa compassione per lui. Speriamo che almeno i Kaldoriani possano trovare una buona accoglienza sulla Terra. Se non altro, il corpo del Commissario sarà la prova per i nostri simili che Alpha non è perita nell'esplosione dei Depositi Scorie. Forse sarà possibile rintracciarci, con le nuove tecnologie…"

"Tra settantacinque anni, Victor", gli ricordò Koenig, con un vacuo sorrisetto, "Sarà un po' tardi…"

"Già".

Fecero per avviarsi alla porta, quando l'attenzione di Koenig fu attratta dalla colonnina dell'intervideo, dalla parte del registratore, sotto l'orologio al quarzo. I pulsanti REC e PAUSE erano premuti contemporaneamente sul pannello. Il comandante si fermò interdetto davanti allo strumento.

"Victor, un momento…". Koenig premette il tasto PAUSE. L'indicatore luminoso segnava che un messaggio era stato effettivamente registrato alle 10.27 ora lunare. "Forse avevi ragione, dopotutto…". Fece riavviare da zero la registrazione. Sul monitor inserito nella colonnina apparve il volto di Gerald Simmonds, Commissario Spaziale. Senza preamboli, con voce ferma, Simmonds cominciò a parlare.

"Koenig, non c'è più tempo", iniziò il Commissario, minacciosamente, "Potevi dare l'ordine di imbarco dalla tua viva voce, senza affidarti ad una macchina… potevi far sì che almeno sei di noi tornassero sulla Terra. Non lo hai fatto. Forse in altre circostanze avrei apprezzato la tua onestà e fermezza ma adesso è in gioco una posta molto alta, per me. Devo tornare sulla Terra, Koenig. Ho bisogno di quella nave, di Zantor e del suo equipaggio. Non ho compiti qui su Alpha, e come ben sai, non era per me più possibile controllare il mio comportamento. Non sono temuto a giustificarmi con nessuno per quanto sto per fare. Sono un tipo orgoglioso, un uomo che ha sempre fatto quello che doveva essere fatto, senza curarsi degli aspetti etici e morali. Quelli li lascio a persone come te. Intendo forzarti la mano a farmi salire su quella nave… o altrimenti distruggerò l'intera base Alpha. Posso farlo, Koenig, e lo farò se mi costringerai. Ma, se tutto andrà come ho deciso che debba andare, è mio desiderio che tu sappia il vero motivo di questa mia decisione. Koenig, non sono un pazzo o un irresponsabile. E non è tanto il mio ritorno sulla Terra in sé ad essere importante. Settantacinque anni di viaggio potrebbero vanificare ogni cosa… e nemmeno siamo sicuri che la Terra vi sia ancora. Ma se c'è, io devo raggiungerla… e sapere", Simmonds esitò, abbassando per un istante gli occhi, e per la prima volta da che lo conosceva Koenig credette di veder trapelare su quel viso dal pizzo quasi mefistofelico l'ombra di un'emozione, profonda ed interiore, "Non mi hanno fermato gli intrighi politici, le lotte per il potere, che ho conquistato col sudore e col sangue, ho battuto avversari degni e non degni, senza distinzione. Non credo al caso ma nell'azione decisa, anche violenta. Non avrei lasciato la mia posizione per nulla al mondo, per nessuno… tranne che per una persona, Koenig. Mia figlia, Carla Meta. L'ho perduta, mi capisci? Mi è stata portata via… ma forse, forse nella Terra del 2074 ho la possibilità di ritrovarla!"

 

 

Ospedale Maggiore-Sezione WSC
Houston, Texas, Terra

7 dicembre 1998
Ore 11.13

Il dottor Robert "Bob" Mathias si sentì pervadere da tutto il disagio che comportava avere un colloquio col Commissario Spaziale Gerald Simmonds… e da quello altrettanto spiacevole conseguente alle notizie che aveva da riferire. Non erano belle notizie, e competevano l'unica figlia di Simmonds, Carla Meta. Si avviò verso il suo studio, dove era atteso dal principale esponente della WSC. Simmonds non perse tempo in preamboli, non appena Mathias entrò nella stanza.

"Dottor Mathias", esordì, andandogli incontro, "Mi dica tutto!"

Mathias deglutì, sperando di non rendere quel gesto istintivo palese agli occhi del suo interlocutore. "Prego, Commissario", disse, cercando di mantenere ferma la voce, "Si accomodi…"

"Mathias, non ho tempo da perdere!", ruggì Simmonds, "Come sta mia figlia?"

Mathias pose sulla sua scrivania la cartelletta con i referti medici. S'impose di sostenere lo sguardo di Simmonds: "Purtroppo, Commissario, è confermato. Sua figlia ha la portato a termine la mutazione completa della comalaria. Io… sono molto spiacente, mi creda".

Simmonds crollò, impallidendo, rovesciandosi su una poltrona: "Ne è sicuro?", balbettò, "Tutti gli esami sostenuti lo confermano?"

"Sì, Commissario Simmonds... e noi tutti lo sapevamo. È stata latente in lei, per tutti questi anni… oserei dire che è stato già un miracolo. Ma ora è scoppiata nella sua forma più totale. I sintomi sono gli stessi dei precedenti casi. Signore, devo sapere cosa ha intenzione di fare… subito".

La comalaria. Una malattia che ancora nessuno aveva saputo ben diagnosticare e soprattutto curare. Era una conseguenza della guerra del 1987, quanto la Svizzera occidentale era stata devastata dall'esplosione di un ordigno nucleare preparato da terroristi siriani. I pochi superstiti delle zone attorno a Ginevra avevano subito l'irrorazione di un misterioso tipo di radiazione, risoltosi con l'apparire di nuove forme d'infezione di difficile catalogazione. La comalaria era una di queste. Chi aveva partorito allora aveva generato figli contagiati da questa malattia, che ingenerava nelle vittime in una sorta di encefalite letargica, in realtà un coma profondo accompagnato da febbri brucianti che finivano per consumare definitivamente il colpito. Non si era trovata ancora nessuna cura e l'unico sistema per impedire la morte del paziente era congelarlo in stasi criogenica, in attesa di studiare e trovare una soluzione per salvarlo. I primi anni di vita dei bambini contagiati erano normali, poi progressivamente iniziavano le crisi. Le prime sembravano risolversi da sé… ma poi, irrimediabilmente, uno di questi attacchi conduceva al coma irreversibile. Non si poteva prevedere né come, né dove, né quando. Ormai si erano registrati più di trecento casi, ottanta dei quali mortali. Per i restanti si era decisa l'ibernazione temporanea. Ma gli anni passavano e la cura non si trovava. Lysette Simmonds, moglie del Commissario, si trovava in Svizzera nel 1987, per presentare l'abbozzo del progetto che avrebbe portato alla fusione delle agenzie spaziali americana, europea, russa e giapponese, il primo nucleo della futura World Space Commission. Era sopravvissuta alla tragedia, morendo di parto qualche mese dopo. Carla Meta Simmonds aveva contratto invece la comalaria ed ora il Commissario sapeva di dovere prendere una decisione immediatamente: concedere l'autorizzazione alla stasi criogenica o vedere sua figlia morire, letteralmente bruciata viva.

"Mathias!", tentò di sfogare all'esterno la sua disperazione rabbiosa, "Lei deve salvarla! Mi ha capito? Lei deve salvarla!", si lanciò verso il medico, afferrandolo per il colletto, scuotendolo. Mathias si divincolò, liberandosi dalla stretta: "Commissario, la prego, si calmi. Non serve a nulla fare così. Deve concedere l'autorizzazione alla stasi, o sua figlia morirà. Deve farlo, subito, ora!"

Simmonds si ricompose, affranto. "Non c'è davvero nulla che possa fare per lei?"

"Posso impedirle di morire, Commissario Simmonds, ma dobbiamo sbrigarci… deve firmare questo modulo", gli porse la cartelletta di plastica rossa, "Siamo già in ritardo, signore…"

Simmonds prese una penna e firmò, con mano tremante, poi le forze non lo ressero e dovette sedersi nuovamente. "Ho perso anche lei… anche lei", mormorò, disperato, "Solo ieri eravamo insieme, a mangiare una pizza… ha avuto lì la crisi… ed ora… ora…", non riuscì a finire la frase, le parole gli si strozzarono in gola.

"Commissario", disse Mathias, commosso suo malgrado, "Farò del mio meglio per accudire sua figlia. Fra tre mesi partirò per la Luna, sulla Base Alpha, e con un'equipe di dottori di prim'ordine cercheremo di trovare una soluzione e una cura. Glielo prometto".

Ma Simmonds sembrava non averlo sentito, immerso nel suo dolore. Il dottor Mathias gli posò una mano sulla spalla, poi uscì in silenzio dallo studio. Ora doveva impedire che Carla Meta Simmonds morisse.

 

 

Base Lunare Alpha
Alloggio del Commissario Simmonds

151 giorni dall'abbandono dell'orbita terrestre
Ore 13.40 tempo lunare

"Mia moglie Lysette, come forse saprà," continuò il commissario Gerald Simmonds dal monitor del commpost, "era in Svizzera nel 1987 e sopravvisse all'attentato. Morì dando alla luce mia figlia, vittima della comalaria. Non devo spiegarle cosa sia, Koenig… Lei ha perso sua moglie Jean nell'esplosione di Ginevra, quindi penso che potrà comprendermi, più di tutti gli altri. Koenig, sbagliava poco fa, quando ha avvertito il personale che i nostri familiari rimasti sulla Terra non sarebbero vissuti fino al 2074… mia figlia è ancora viva, benché in stasi criogenica, io sono l'unico Alphano che potrà ritrovare la propria famiglia, o quel che ne resta, tornando a casa. Non ho voluto dirglielo a voce… non è nel mio stile, Koenig. Non voglio né devo pregare nessuno. Ottengo gli scopi che mi prefiggo, e lo faccio con le mie forze. Ho cercato di convincerla a lasciarmi partire… ma la sua integrità morale non le ha permesso di ascoltarmi. Sa, è strano, l'ho proposta al comando di Alpha proprio in virtù di questa sua qualità, tra le altre, ben sapendo che proprio per questo non saremmo mai potuto essere amici. Un politico e un uomo d'azione. Troppo diversi, io e lei, ma anch'io so agire all'occorrenza. Il tempo stringe, Koenig. Devo fare quel che va fatto, anche mettendo a repentaglio la vita di trecento persone. Mia figlia ha bisogno di me, sulla Terra. Non ha nessun altro. Ci spingono vincoli di necessità, John. Vincoli di necessità…", Simmonds si spostò indietro, la sua mano prese una pistola-laser, "Sono curioso di vedere come gestirà questa crisi, ma in ogni caso io sarò su quell'astronave. Addio e… in bocca al lupo, a tutti voi". La registrazione finì, repentinamente.

John Koenig e Victor Bergman si guardarono l'un l'altro, silenziosamente. Ora, se possibile, il comandante si sentì ancor più annichilito. Picchiò un pugno sulla colonnina, sfogando la sua ira impotente.

"Maledizione, Victor…", imprecò, scuotendo la testa, "Dovevo lasciarlo andare! Dovevo lasciarlo partire…"

Bergman gli si fece vicino, prendendolo per un braccio. "John, ascolta", tentò di essere il più possibile convincente, "Lo ha detto Simmonds stesso: vincoli di necessità. Suoi, ma… anche tuoi, John. Hai agito come bisognava che tu agissi. E anche Simmonds lo sapeva!"

Koenig si diresse ad una delle finestre affacciate sullo spazio. L'Aquila di Alan Carter stava tornando verso la base e il comandante la seguì con lo sguardo.

"Victor, forse sarebbe bene che il personale di Alpha sappia la verità, a questo punto…", disse, senza voltarsi.

"Ora abbiamo altro a cui pensare, John… forse più avanti nel tempo".

Koenig annuì, si voltò e riuscì ad abbozzare uno spento sorriso al vecchio amico: "Andiamo, Victor".

I due Alphani uscirono dall'alloggio di Simmonds. Al chiudersi del portello alle loro spalle le luci si spensero.

 

 

Astronave Kaldoriana
Spazio profondo

Ore 12.00 tempo lunare

Ora il silenzio gravava ovunque, nella circolare camera centrale della nave kaldoriana. Nessun movimento era percepibile nei sei loculi trasparenti contenenti ciascuno un corpo prono, immobile, addormentato. L'equipaggio sembrava cullato dal blando pulsare di una luminosità soffusa, proveniente dalla trasparente colonna di centro, simile ad un cuore palpitante nella penombra, vagamente luminescente. I cinque Kaldoriani giacevano composti e sereni nelle loro celle di stasi, le cui lastre trasparenti riflettevano la luce bianca delle colonnine di cristallo poste ai loro fianchi.

Nella sesta cella, il Commissario Spaziale Gerald Simmonds stava morendo.

Una smorfia di dolore alterava i suoi lineamenti, i capelli spettinati gli si erano appiccicati al volto sudato, paonazzo, le sue unghie si erano rotte nel furioso tentativo di infrangere l'infrangibile teca di materiale extraterrestre. Le ultime particelle di ossigeno presenti nella bara stavano lentamente affluendo nel suo cervello, ormai prossimo a cessare di funzionare per sempre. Nessuno aveva potuto aiutarlo. Nessuno aveva sentito le sue grida.

Prima che la coscienza lo abbandonasse del tutto, Simmonds riuscì a focalizzare una vana immagine nella sua mente, l'ombra di un sorriso infantile. Quel riflesso di viso conosciuto ebbe il potere di rilassare i suoi lineamenti sconvolti. Cercò di rispondere a quel sorriso, lontano, ora già dissolto. Formulò un nome, a fior di labbra, ma non udì nessun suono. Poi il buio lo avvolse, in un gelido abbraccio. L'ultima molecola di ossigeno bruciò, assorbita dal suo corpo avido e assetato di vita… vita che stava ormai sfuggendo del tutto.

Il suo respiro cessò. Tutte le funzioni vitali si fermarono.

E in quell'istante, entrò in funzione un dispositivo di emergenza.

 

 

Nessun luogo
Nessun tempo

"Papà, mi starai sempre vicino?"

"Sì, lo farò"

"Me lo prometti?"

"Te lo prometto"

"Ti voglio bene, papà"

"Anch'io te ne voglio… dormi"

 

 

Base Lunare Alpha
Centro Medico

152 giorni dall'abbandono dell'orbita terrestre
ore 15.12 tempo lunare

La dottoressa Helena Russell chiuse con un sospiro il fascicolo medico del Commissario Simmonds, comprensivo del referto di morte appena stilato. Era venuto il momento di restare sola con i suoi pensieri. Davanti a sé aveva la fotografia di suo marito Lee, scomparso nella Missione Astro 7 del 1994 diretta su Giove. Ma Lee Russell non era morto: si era evoluto in un nuovo essere appartenente ad un misterioso anti-universo e lei stessa aveva avuto modo di incontralo ancora, quando la Luna si era avvicinata al pianeta Terra Nova. Perderlo una seconda volta aveva minato profondamente il suo animo ed ora sentiva il pressante desiderio di averlo vicino, per chiedere consiglio, per avere un po' di conforto. Si sentiva confusa, in preda di un lacerante conflitto interiore. Cosa provava in realtà? Dolore, rammarico, colpa? Colpa… forse quella più di tutto il resto. Le altre due sensazioni erano vaghe e nebulose: il dolore per aver veduto partire il capitano Zantor, che aveva saputo affascinarla con la sua nobile umanità, forse addirittura a colpirla emotivamente, e il rammarico di non essere stata la prescelta dal computer per tornare sulla Terra erano tutto sommato stati d'animo troppo superficiali per il ristretto periodo in cui si erano manifestati, tali da indurla a razionalizzarli presto e senza troppi problemi. Ma la colpa, quella restava. Ed era duplice: aveva involontariamente provocato la morte di una donna kaldoriana, trapanando la teca della sua cella di bordo, e si sentiva ugualmente responsabile per la sorte terribile occorsa a Gerald Simmonds.

Sapeva che Simmonds avrebbe avuto bisogno della propria matrice fisiologica per poter sopportare il processo di deanimazione e sapeva che non gli era stata affatto consegnata durante i terribili momenti del suo ricatto… e neppure dopo. Aveva sperato che il processo funzionasse ugualmente, quando solo poche ore prima lei stessa l'aveva sperimentato, restandone quasi uccisa. Avrebbe dovuto parlare quando ancora era in tempo! Non poteva accettare di aver ceduto ad un irrazionale desiderio di punizione nei confronti di Simmonds. L'aveva forse fatto davvero? Non lo sapeva. Non sapeva cosa rispondersi.

Ma Zantor?

Anche lui lo sapeva… quando le aveva stretto le mani l'ultima volta, l'aveva fissata col suo sguardo impenetrabile, come se volesse chiederle: "Perché non parli? Tu puoi ancora salvarlo!" O non era così? Cos'altro si celava dietro i suoi occhi scuri?

Doveva convincersi a credere che all'interno della talpa che trasportava Zantor e Simmonds alla rampa di lancio, il Kaldoriano avesse spiegato al Commissario l'importanza della matrice e che quest'ultimo, fuori di sé, lo avesse invece costretto a partire ugualmente, nel timore che una ulteriore visita medica su Alpha si fosse potuta trasformare in una trappola per lui. Pregava che le cose fossero andate così. Ma erano davvero andate così?

Gerald Simmonds voleva ad ogni costo tornare sulla Terra, nel posto lasciato vacante dall'aliena deceduta. Pur di ottenere i suoi scopi si era recato alla Centrale Energetica di Alpha e aveva estratto l'Unità Principale di Mantenimento dalla sua sede, dopo aver tramortito tutti i tecnici. Con la minaccia di lasciare che Alpha congelasse entro trenta minuti, aveva costretto Koenig ad accettare i suoi termini. Zantor si era offerto come ostaggio durante il tragitto fino alla nave spaziale. L'ultimo incontro era avvenuto alla reception della talpa: Koenig, apparentemente senza rancore ma con freddezza, aveva consegnato al Commissario un commlock tarato per distanze planetarie, poi si era fatto da parte. Il decollo era regolarmente avvenuto entro i termini stabiliti e la trottola blu acceso dei Kaldoriani era stata inghiottita dallo spazio. Simmonds si era risvegliato poche ore dopo la partenza dell'astronave. Credeva che fossero già passati i 75 anni richiesti dal viaggio e di essere ormai in orbita terrestre, a casa. Un allibito Paul Morrow, da Alpha, aveva captato la sua comunicazione esultante, avvertendo subito il comandante Koenig.

"Pronto, Terra? Pronto Terra? Qui parla il Commissario Simmonds, che torna a casa dopo 75 anni! Pronto Terra! Mi ricevete? Rispondete Terra!"

Koenig, Bergman, Carter, Morrow, lei stessa e tutto il personale della Main Mission era corso alla postazione di comunicazione, stupito, interdetto, poi la verità si era affacciata alla mente di ognuno. Il processo di deanimazione non aveva funzionato.

"Pronto Terra, rispondete! Mi sentite? Sono Simmonds, di ritorno dallo spazio! Terra, mi ricevete? Pronto Terra!"

"Zantor sapeva! Doveva saperlo!", aveva esclamato con rabbia impotente John Koenig, rivolto a Bergman.

"No, no, no. Evidentemente Simmonds non gli ha dato la possibilità di prelevare la matrice per il loro computer", aveva risposto lo scienziato. Ma era davvero convinto di quel che diceva?

"Pronto Terra! Mi sentite? Ma che diavolo fanno quegli imbecilli?"

C'era stato un attimo di silenzio, ed Helena Russell quasi si era immaginata il Commissario che realizzava quanto era successo, magari scorgendo l'ora lunare nel visore del commlock. La sua voce, quando si udì nuovamente, era già piena di terrore.

"Non ha funzionato… il processo di deanimazione non ha funzionato! Chi c'è lì, chi c'è che ascolta? Koenig! Mi senti, Koenig? Devi aiutarmi, Koenig! Non ha funzionato! Manda qualcuno a prendermi, Koenig! Aiutami!"

Il viso di John Koenig era stravolto, mentre mormorava quietamente: "Non possiamo fare nulla per lui".

Il ricevitore trasmetteva del colpi sordi, forse Simmond che colpiva col commlock le infrangibili pareti trasparenti della sua bara: 
"Rispondetemi! Koenig! Zantor! Zantor! Zantor! Per amor di Dio, fatemi uscire! Aiutatemi, mi manca l'aria… Aiutatemi, per amor di Dio, Zantor!"

Tanya Alexander era scoppiata in lacrime, non resistendo allo strazio. Koenig fece segno al vicecomandante Paul Morrow di chiudere le comunicazioni.

"Aiutatemi! Fatemi uscire! Fatemi uscire! Aiut…"

E fu il silenzio, carico di costernazione. Scossi nel profondo, gli Alphani erano tristemente tornati alle loro incombenze, forse già dimentichi del pericolo che Simmonds aveva fatto correre loro solo pochi attimi prima.

E poi, lo shock finale, la scoperta che il nominativo selezionato dal computer era proprio quello di Gerald Simmonds…

Il segnale acustico d'ingresso distolse Helena da quei ricordi, con sua somma gratitudine. Il monitor mostrava che all'esterno della porta c'era il comandante Koenig.

"Helena, posso entrare?", chiese l'uomo, a bassa voce.

"Sì, comandante". Aprì i battenti del Centro Medico, lieta. Perché era proprio con John Koenig che voleva parlare.

 

 

 

Astronave Kaldoriana
Spazio profondo

Ore 12.15 tempo lunare

La superficie levigata dove giaceva Simmonds s'illuminò con un silente pulsare, accordandosi con le luci della colonnina di cristallo a destra. Per molti minuti il gioco luminoso baluginò in alternanza, poi si stabilizzò, rallentando la sua palpitazione.

Dalla capsula di stasi a sinistra giunse un movimento, unito ad un lievissimo ronzio. La teca di cristallo del sarcofago scese silenziosamente nel suo alloggiamento e il capitano Zantor del pianeta Kaldor aprì gli occhi e si levò a sedere. Si voltò verso il corpo riverso e scomposto dell'uomo di Alpha, del terrestre che aveva messo a repentaglio la vita di trecento suoi simili. Zantor si alzò, senza fretta, avvicinandosi alla colonnina luminosa. La sua mano toccò i vertici delle strutture cristalline colorate, che reagirono luminosamente al suo tocco leggero. Estrasse un piccolo cilindro rossastro, simile ad un ghiacciolo, e si portò accanto alla cella di Simmonds. Il pannello trasparente ridiscese nel suo vano e Zantor compose il corpo del Commissario, sistemandolo con le braccia lungo i fianco e raddrizzando le gambe. Poggiò la punta del suo strumento trasparente sulla fronte imperlata di sudore di Simmonds e l'oggetto sembrò vibrare, illuminandosi di scarlatto.

Zantor stava esplorando i meandri di quella mente addormentata, sondandone i più riposti segreti. Non si curò di soffermarsi su alcuni sistemi mnemonici che non gli interessavano e dovette fingere di non accorgersi di molti, che rivelavano un intimo meschino e squallido. Nel marasma folle e disordinato di pensieri dell'umano si sforzò invece di concentrarsi su determinati nuclei di memoria. C'erano due importanti domande che dovevano trovare risposta. Non era facile aggirarsi in quel cervello primitivo e occorse del tempo prima di potere isolare il nodulo di pensieri che poteva rispondere alla prima domanda.

Infine lo trovò e lo lesse.

Ne fu stupito. Positivamente stupito.

Un atto d'amore.

Goffo, irresponsabile, malfatto… come era logico aspettarsi da chi non fosse affatto avvezzo a tali manifestazioni… ma pur sempre un genuino atto d'amore.

Ora sapeva perché il Commissario Gerald Simmonds voleva a tutti i costi tornare sulla Terra. E non era per un'esigenza egoistica da parte sua, come invece egli aveva supposto. Il motivo era un motivo nobile, per quanto non potesse giustificare la morte di trecento altre persone.

La prima domanda era stata soddisfatta. Ora c'era da ovviare alla seconda, risposta più facile da rintracciare in quanto relativa a tempi recenti. Zantor rincorse il nodulo di pensiero giusto, riposto nel profondo in quanto scarsamente considerato dal cervello dell'uomo… evidentemente lui per primo non vi credeva.

Zantor lo lesse, e una volta di più ne fu stupito.

Anche la seconda domanda era stata soddisfatta… in positivo.

Simmonds non avrebbe davvero provocato la distruzione della Base Lunare Alpha.

Il suo era stato solo un… che strano termine, per indicare un tale comportamento… un bluff. Non aveva avuto nessuna intenzione di uccidere e men che meno di perdere la propria vita. Il Commissario era un disperato ma non un assassino. Se Koenig non avesse accettato i suoi termini, pensando alla sicurezza di Alpha, lui avrebbe caparbiamente escogitato qualcos'altro, pur di salire sull'astronave. Ma non avrebbe distrutto Alpha.

Zantor ritrasse l'oggetto luminoso dalla fronte di Simmonds, guardando in silenzio il viso barbuto del terrestre. Le sue dita lunghe e affusolate sfiorarono l'uomo privo di vita in mezzo agli occhi chiusi.

"Quello che ha provato in questi ultimi minuti è stata una punizione sufficiente, terrestre. Provare l'orribile sensazione di stare per morire, di perdere davvero tutto. Ora, Commissario Gerald Simmonds, io e lei ci incontreremo e parleremo", pensò il capitano Zantor.

L'alto Kaldoriano si voltò, posò il ghiacciolo rosso nella sua sede, sul vertice della colonnina luminosa. Sarebbe bastato sfiorare il cilindro verde lì accanto, e il corpo dell'Alphano si sarebbe dissolto nel nulla, vaporizzato come se non fosse mai esistito. Ma Zantor, semplicemente, tornò al proprio sarcofago e si distese all'interno. Il pannello trasparente si chiuse con un soffio, contemporaneamente a quello di Simmonds.

Per settantacinque anni nulla più si mosse all'interno della nave kaldoriana, silenziosa nel suo debole pulsare luminoso.

 

 

Nessun luogo
Nessun tempo

"Carla! Dove sei, Carla?"

"Commissario Simmonds"

"Chi è? Chi…?"

"Sono il capitano Zantor, Commissario"

"Zantor! Che succede? Dove siamo?"

"Il luogo non ha importanza. Non è un luogo reale, dopotutto. Dobbiamo parlare"

"Mia figlia? Era qui… dov'è andata?"

"Sua figlia, Commissario, è lontana. Ora qui ci siamo solo io e lei"

"Cosa vuole, Zantor? Che sta accadendo? Koenig…"

"Commissario. Ora io so perché lei ha agito come ha agito sulla Base Lunare Alpha. E so anche che non avrebbe corso il rischio di distruggere i suoi compagni, pur avendo i mezzi per poterlo fare"

"Cosa ne sa lei? Dovevo tornare, sì, dovevo tornare sulla Terra e sapere…"

"Commissario. Lei è morto, ricorda? La deanimazione non ha funzionato. Lei è morto nel suo sarcofago, a bordo della mia nave"

"Mio Dio, sì, ricordo… stavo soffocando, mi mancava l'aria… ma… sono morto davvero?"

"Non più di quanto lo sia io, Simmonds. Non più di quanto lo sia sua figlia, probabilmente."

"Che cosa vuole da me, Zantor?"

"Lei ci serve, Commissario, per quando saremo giunti sulla Terra. La sua collaborazione ci aiuterà ad essere ben accetti nei confronti dei suoi simili. Dovrà farci da intermediario. Ci affideremo completamente alla sua volontà"

"Come potete avere fiducia in me, dopo quello che ho fatto su Alpha?"

"Conosco la sua mente, Commissario. Più di quanto la conosca lei stesso. È per questo che l'ho riportata indietro dalla morte"

"Vi aiuterò. Per quanto possibile, farò quel che potrò…"

"Quando saremo giunti sulla Terra, Commissario… e se la Terra sarà ancora la stessa che lei conosceva, nonostante lo scarto temporale, io verrò con lei a trovare sua figlia"

"Cosa vuole dire, Zantor? Può aiutarla? Può aiutarla a venirne fuori? Zantor? Zantor? Per l'amor di Dio, mi risponda!"

"Quando saremo sulla Terra…"

 

 

Base Lunare Alpha
Ufficio del Comandante

163 giorni dall'abbandono dell'orbita terrestre
ore 17.44 tempo lunare

"Mi viene fatto di pensare…", iniziò il professor Victor Bergman, stiracchiandosi sul divanetto e incrociando le braccia dietro il capo brizzolato, "…ah, non riesco a distoglierci la mente…"

"A cosa, Victor?", chiese la dotteressa Russell, che aveva raggiunto l'Ufficio del Comandante John Koenig per proporre una nuova disposizione della strumentazione del Centro Medico.

"Al destino dei Kaldoriani sulla Terra. Se riusciranno a raggiungerla, se saranno ben accetti, se la Terra sarà ancora come l'abbiamo conosciuta…", lo scienziato si alzò con uno scatto, portandosi accanto al grosso mappamondo accanto al portellone sulla Main Mission.

"Tu che ne dici, Victor?", lo interrogò Koenig, sollevando lo sguardo dai rapporti che stava leggendo, "Pensi che Zantor abbia delle buone possibilità?"

"Beh, John… non saprei, me lo auguro. Per la Terra sarebbe il primo contatto con una civiltà progredita extraterrestre, di specie umana per di più. Credo che nel 2074 quello shock culturale, dovuto al primo contatto con esseri extraterrestri, tanto paventato alla fine del millennio possa considerarsi superato. E comunque, sulla nave di Zantor c'è la prova che Alpha è sopravvissuta al disastro del 13 settembre 1999"

"Già. Ma è un corpo morto, Victor. Non vorrei che questo comportasse per i Kaldoriani l'accusa di averlo ucciso e il conseguente ostracismo da parte dei terrestri", considerò Koenig, pensieroso.

"Io penso che Zantor saprà comportarsi adeguatamente, gestendo la situazione nel modo migliore. La storia che ha da narrare è la pura verità e non può essere confutata", considerò Helena.

"Lo credo anch'io", concordò Bergman, "Peccato non possa essere un conforto per noi sapere che tra 75 anni la Terra saprà che siamo sopravvissuti…"

"La tecnologia kaldoriana", aggiunse Helena, "potrebbe far fare un salto incredibile a quella terrestre. Pensate quali rivelazioni potrebbe fare Zantor e l'utilità che ne deriverebbe: nozioni scientifiche, spaziali, mediche… Chissà che non sia possibile per i nostri simili riuscire a rintracciarci nello spazio, riprendere i contatti con noi…"

"Oh, Helena… temo che per noi la cosa avverrà troppo in avanti nel tempo. Ma è possibile che i nostri discendenti possano giovarsi di una tale unione di risorse. Non saremo qui per poterlo constatare di persona, ma…"

"Non è detto, Victor", interloquì Koenig, "L'universo è strano ed imperscrutabile, e noi lo sappiamo bene. Forse un qualche misterioso ordine cosmico davvero regola le cose secondo precisi schemi, di cui noi facciamo parte. Dopo l'esperienza vissuta nel Sole Nero possiamo essere certi che…"

L'onda d'urto, fortissima, colpì con la forza di un maglio. Koenig ed Helena si rovesciarono a Terra, Bergman fu scagliato a ridosso dei divanetti, a rischio di farsi travolgere dal grosso mappamondo che rotolò dai suoi supporti. Sembrava che la Luna fosse stata afferrata da un gigantesco campo di forze, che la stava sballottando con inaudita potenza. Il comandante si riprese, si accertò che la dottoressa non fosse ferita.

"Helena! Stai bene? Victor!"

"Sì, John, sto bene…". I tre si rialzarono ma ebbero difficoltà a mantenere l'equilibrio. Koenig si diresse verso i pannelli della Main Mission, spalancandoli. La vasta sala di comando era immersa nel caos, il personale cercava di rialzarsi da terra, carte, oggetti e strumenti era sparpagliati ovunque. Helena notò per un istante la giovane Regina Kesslan, in manica rossa, terrorizzata a morte, strettamente avvinta alla scalinata dell'osservatorio sovrastante il salone ma la sua attenzione corse repentinamente sul corpo di un Alphano in manica gialla precipitato dalla balconata. Un'altra poderosa sferzata colpì Alpha. Sul grande schermo appariva un vorticoso gorgo arancione, in velocissima rotazione…

 

 

Spazio profondo

L'astronave kaldoriana fendeva il grande oceano di velluto nero, spinta dal potente getto propulsivo, correndo lungo l'invisibile binario che l'avrebbe inevitabilmente portata nel Sistema di Sol. Era stato necessario apportare una correzione al programma di volo computerizzato, in quanto nell'ultima fase di avvicinamento non sarebbe stato possibile orbitare attorno alla Luna, non più nell'antica posizione. Il risveglio del suo equipaggio sarebbe avvenuto molto prima, in modo da valutare la presenza umana nel Sistema Solare e tentare di entrare subito in contatto con loro.

Il tempo scorreva… non alla stessa maniera in ogni luogo dell'universo, ma scorreva.

 

 

Base Lunare Alpha
Ufficio del Comandante

164 giorni dall'abbandono dell'orbita terrestre
ore 13.41

Il Sistema Solare che il grande schermo della Main Mission inquadrava aveva nove pianeti orbitanti. Il terzo di essi aveva una distanza media dal Sole di 93 milioni di miglia. Il diametro equatoriale era di 7926 miglia. Il ciclo medio di rotazione assiale era di 23 ore e 56 minuti. Il terzo pianeta era il terzo pianeta del Sistema Solare. Il suo nome era Terra. Ed era lì, sul grande schermo, sotto gli occhi allibiti ed esterrefatti di tutti gli Alphani. Erano tornati a casa, la loro casa.

Ma la Terra non rispondeva alle chiamate della Base Alpha.

"Victor", esordì Koenig, nel suo ufficio a battenti chiusi, "Abbiamo valutato ogni tipo di ipotesi…"

"Ce ne sono molte altre…", rispose Bergman, "Non possiamo sapere cosa può essere successo alla Terra dopo che la Luna ha lasciato la sua orbita".

Lo schermo sul tavolo di Koenig s'illuminò: "Ancora nessun contatto, comandante", riferì Paul Morrow.

"Continua a tentare, Paul. Apri tutte le frequenze e metti il segnale su automatico", rispose Koenig.

"Bene, signore", l'immagine del baffuto vicecomandante in manica rossa scomparve.

"Victor", iniziò Koenig, girando intorno al tavolo e raggiungendo il mappamondo rimesso al suo posto, "Un fenomeno astrale che non riusciamo a comprendere ci proietta a milioni di anni-luce nello spazio. Per quanto incredibile possa essere, lo accetto.", fissò il globo grigio e nero, allargando le braccia, "Ma che ci riporti qui, nel punto preciso dell'orbita che occupavano attorno alla Terra…", fece ruotare il mappamondo, "Ne capisco sempre meno di questo universo, Victor. Ma si deve trattare di qualcosa di più che una semplice coincidenza".

Lo scienziato lo raggiunse accanto al mappamondo, dandogli una pacca affettuosa sul braccio: "Sì, John. Esiste una risposta logica da qualche parte. C'è una sorta di ordine cosmico, come dicevi ieri, un ordine universale. Noi possiamo fare ogni sorta di errori, persino uscire dalla nostra sede naturale. Ma in definitiva… ", Bergman fermò la rotazione del globo con una mano, "il nostro posto è uno solo: noi apparteniamo alla Terra e qui dovevamo ritornare".

"Ma è davvero la nostra Terra, Victor?", si chiese Koenig, con una smorfia incredula e perplessa.

 

 

Sistema di Sol,
Pianeta Terra

15 marzo 2074

La Terra galleggiava nello spazio, come un grande globo biancazzurro, bellissimo e reale. L'astronave kaldoriana, postasi automaticamente su un'orbita bassa, era in attesa di essere raggiunta dai primi mezzi spaziali provenienti dalla gigantesca stazione orbitale sull'altro lato del pianeta. Essendo priva di oblò, la trottola aliena non permetteva la visione diretta ma uno schermo ad altissima risoluzione inserito nella colonna centrale della nave inquadrava perfettamente il terzo pianeta del Sistema Solare. Il Commissario Spaziale Gerald Simmonds guardava come incantato la sfera cerulea, con un groppo alla gola. I Kaldoriani si erano svegliati poco oltre l'orbita di Plutone, guidando manualmente l'astronave ad altissima velocità fino al primo avamposto spaziale terrestre, una stazione mineraria su Titano, satellite di  Saturno. Subito si era diffuso l'allarme su tutte le basi e le astronavi operative nel settore. Zantor aveva immediatamente preso contatto con i terrestri, lasciando che fosse lo stesso Simmonds a parlare. Ormai la notizia del suo ritorno aveva raggiunto tutti i pianeti con insediamenti umani. Un grosso incrociatore che rivelava palesemente nelle sue linee di essere l'evoluzione delle astronavi di classe Astro, con il muso a becco triangolare e un'intelaiatura portante che ricordava, su scala più grande, quella delle Aquile, aveva scortato la trottola kaldoriana fino in prossimità della Terra, dirottando poi verso la stazione orbitale. Era stato proposto un docking fra le due navi, per permettere a Simmonds di trasbordare sul vettore terrestre, ma il Commissario aveva preferito rimanere a bordo della nave di Zantor fino all'ingresso in orbita terrestre. Il capitano Zantor aveva apprezzato quel gesto.

"Commissario, ci siamo", avvertì il Kaldoriano, giungendo alle spalle di Simmonds, "Le rinnovo il mio ringraziamento per aver voluto terminare il viaggio con noi. Ora è a casa, finalmente… e lo stesso, voglio sperare, varrà anche per noi".

"Non ne dubiti, capitano Zantor", rispose Simmonds, "Farò in modo che sia così".

"Si direbbe che il disastro che ha strappato la Luna fuori dalla sua orbita abbia causato terribili scompensi anche sulla Terra, dunque".

"Sì, Zantor. La mia richiesta di un quadro generale sulle condizioni planetarie lo conferma. Dalla Columbus ho saputo che il Programma Spaziale si è arrestato per diverse decine d'anni dopo il 1999, in quanto ogni risorsa doveva essere impiegata sulla Terra per sanare i danni locali provocati dalla separazione. Gran parte delle coste sono state devastate, vi sono stati terremoti ed eruzioni vulcaniche che hanno avuto gravi ripercussioni anche sul clima. Ma, a quanto pare, i miei simili hanno saputo cavarsela bene, rimboccandosi le maniche e sapendo risollevarsi da tutta questa tragedia".

Un Kaldoriano maschio si avvicinò al capitano, scambiando alcune frase in quella loro lingua aliena così musicale. Zantor si rivolse nuovamente al Commissario.

"Si sta avvicinando un'astronave terrestre per attraccarci e condurci alla stazione orbitale, dove avverrà l'incontro ufficiale".

"Bene. Zantor, sarà bene che lo chieda adesso…"

"So che cosa sta per dire, Commissario. Per quanto ci riguarda, lei è stato scelto dal computer della Base Lunare Alpha come ospite a bordo della mia nave. Questa è la spiegazione che noi tutti forniremo. Così decretiamo che siano andate le cose. Simmonds, noi abbiamo bisogno di lei, esattamente come lei ha bisogno di noi."

"In questo caso, Capitano Zantor", Simmonds allungò una mano verso l'alto extraterrestre dai lunghi capelli bianchi, "Mi permetta di darle il benvenuto sul Pianeta Terra".

Zantor strinse la mano di Simmonds, fissandolo negli occhi: "La ringrazio, Commissario".

 

 

Stazione Orbitante Koeniga
Astronave kaldoriana

18 marzo 2074
Ore 02.35 tempo orbitale

La gigantesca Stazione Orbitante Mondiale aveva preso i nomi dei personaggi più famosi della Base Lunare Alpha, suddivisi ad indicare determinati reparti secondo le loro mansioni originali. Il vasto complesso di strutture tubolari, molto simile alla vecchia Stazione Centauri (disintegratasi in quel drammatico 13 settembre 1999, sottoposta alle laceranti forze gravitazionali impazzite dopo l'esplosione avvenuta sulla Luna) ad eccezione delle dimensioni ciclopiche, era stato dedicato alla memoria di John Koenig, nono e ultimo comandante di Alpha, e presto il nome si era mutato in Koeniga. Il settore scientifico della comunità orbitale, ovviamente, omaggiava il grande scienziato Victor Bergman, il Centro Medico la dottoressa Helena Russell, il grandioso hangar spaziale adibito al ricovero della flotta di astronavi era votato ad Alan Carter, il centro comando a Paul Morrow, la sezione sicurezza a Tony Verdeschi e così via. Spesso la gente che abitava la stazione soleva indicare i vari ambienti con nome proprio dei martiri della Base Alpha: la rimessa astronavi era diventata la Cartera, il centro comando veniva indicato con la Morrow. Ma per ogni terrestre, molto più semplicemente, la Koeniga era diventata una seconda luna, e spesso veniva chiamata proprio così: la Luna.

L'ex Commissario Gerald Simmonds si trovava all'interno dell'astronave kaldoriana, ricoverata nell'immenso hangar della Koeniga, in uno stato terribile di ansia repressa. Dopo i primi giorni di entusiasmo, conferenze stampa, interviste, dichiarazioni e fantastiche rivelazioni sul destino del satellite perduto nello spazio con i naufraghi di Alpha scampati al disastro, ora tutta la sua attenzione era rivolta a sua figlia Carla Meta. Già infuriavano progetti di salvataggio, ipotesi di ripristino di contatto, ricerche mirate a stabilire la posizione della Luna, studi su nuovi tipi di ipermotori e sull'inedita tecnologia kaldoriana ma per Simmonds ogni priorità era per la ragazza immersa nel coma profondo. Zantor non gli aveva promesso nulla ma non appena calmatasi la baraonda suscitata attorno al loro arrivo, se poteva dirsi calmata, l'extraterrestre aveva chiesto di essere portato al capezzale della giovane addormentata. Ormai pochi erano rimasti i pazienti in vita in stasi criogenica, sopravvissuti agli anni di terapia ibernante. I corpi più vecchi non avevano resistito troppo a lungo nel subire il trattamento ed erano deceduti senza speranza ma i più giovani avevano avuto una capacità di tolleranza maggiore. Carla Meta era tra questi pochi. Nessuna cura era stata ancora trovata per poter risvegliare gli affetti dalla comalaria. Le ultime speranze erano riposte nella scienza medica dei Kaldoriani e Zantor aveva voluto che Carla Meta fosse fatta uscire dal suo sarcofago criogenico e trasportata all'interno della sua nave.

"Fatemi entrare. Voglio essere lì anch'io!", esclamò Simmonds, con i nervi a fior di pelle, incapace di resistere oltre.

"Signor Simmonds", disse sommessamente la kaldoriana di nome Sharika, alle sue spalle, "Si calmi. Il capitano Zantor sa quel che c'è da fare. Non sarebbe di nessun aiuto la sua presenza presso di lui. Si rilassi".

Simmonds ebbe uno scatto d'ira frenetica: "Ma come può pretendere che mi calmi? C'è mia figlia in quella cella! È nelle mani di un computer alieno che mi ha quasi ucciso… non posso stare calmo, per Dio!"

"Signor Simmonds", il tono dolce di Sharika non mutò affatto, "In questo momento sua figlia è anche figlia di Zantor, mi creda".

L'ex Commissario fissò colpito il viso dell'alta extraterrestre, quell'insolito disegno a linee multicolori che si arcuava sui suoi occhi, e un po' della serenità di lei riuscì ad avvolgerlo, in un gradito e soffuso tocco immateriale: "Mi scusi, Sharika… io… la ringrazio per essere qui".

Erano separati dalla camera circolare dei sarcofagi da una curva sezione trasparente, collegata con la piattaforma esterna allestita nella rimessa, dove attendevano medici, ufficiali e personale di Koeniga. Zantor non aveva voluto che nessuno lo assistesse, a parte i due componenti maschi del suo equipaggio. Carla Meta giaceva nella cella rettangolare appartenuta al capitano, ora vibrante di soffusi riflessi colorati provenienti dalla colonnina trasparente a lato. Zantor armeggiava con quegli strani strumenti a forma di ghiacciolo, ponendoli più volte, delicatamente, sulla fronte della giovane immota. I movimenti erano lenti e ieratici, il tempo sembrava scorrere a rilento, fluido. Per Simmonds sembrava non scorrere affatto.

Dopo circa due ore di attesa, Sharika si voltò verso l'ex Commissario, sedutosi su una poltrona col viso sprofondato nelle mani. "Signor Simmonds…", sussurrò. Il terrestre si alzò di scatto, con un gemito, precipitandosi verso lo schermo trasparente. Ciò che vide oltre la protezione di plastica lo fece restare come paralizzato, mentre il sangue rimbombava nel suo cervello.

Zantor stava tenendo per mano Carla Meta, seduta nella cella, sveglia. Zantor parlava. Carla Meta rispondeva, sorridendo.

"Ora può entrare, signor Simmonds", disse Sharika, aprendo il vano che dava accesso all'astronave. Gerald Simmonds corse verso i Kaldoriani, verso sua figlia, mentre l'intero universo tutt'intorno a lui cessava di esistere. Non udì le grida di gioia dei suoi simili, l'applauso scrosciante che ne seguì da fuori, rincorrendosi per tutta la Stazione Koeniga. Abbracciò il corpo di Carla Meta, sentendolo caldo al tocco, riuscendo solo a ripetere stolidamente più e più volte il nome della ragazza.

"Papà", esclamò la giovane, stringendogli le braccia al collo, "Quella pizza… ho paura che non mi abbia fatto bene. Ma ora è passata, vero?"

"Sì…, sì, ora è passata", gemette Simmonds. Sollevando per un istante il capo dalla spalla di Carla Meta, vide il capitano Zantor avviarsi verso l'uscita con i suoi compagni, lo vide girarsi e riuscì a formulare una sola parola, senza emettere alcun suono dalla bocca: "Grazie".

Zantor annuì, con l'ombra di un sorriso. Poi la sua immagine si fece tremolante e distorta perché qualcosa di umido e caldo offuscava la vista di Simmonds.

 

 

Base Lunare Alpha
Main Mission

165 giorni dall'abbandono dell'orbita terrestre
ore 20.13

Avevano perduto la Terra per la terza volta. Non era la loro vera Terra, ma una sorta di immagine speculare della Terra che conoscevano. Una Terra che forse doveva ancora nascere e che era stata ritrovata dai loro doppi proiettati in un futuro avanti di cinque anni, come conseguenza del misterioso gorgo spaziale in cui era incappata la Luna. Gli Alphani non potevano restare su quel pianeta senza correre il rischio di annientare la comunità che già vi risiedeva. C'erano già state troppe morti… Regina Kesslan, la Helena Russell terrestre. L'Aquila di Koenig, Carter ed Helena era ritornata su Alpha e tutti si erano radunati nella Main Mission, in attesa della collisione tra le due Lune, evento che, secondo il Victor Bergman terrestre, avrebbe corretto la distorsione temporale, permettendo l'esistenza di una sola Luna e una sola comunità. Quella collisione era infine avvenuta… ed ora il grande schermo mostrava un firmamento sconosciuto. Il Sistema Solare a nove pianeti era scomparso.

"È finita", mormorò la dottoressa Russell, fissando lo schermo.

"Ci troviamo in un universo differente", riferì Sandra Benes, controllando gli strumenti.

"Mi chiedo", rifletté Alan Carter, "se quella gente laggiù ce l'abbia fatta. Se sono sopravvissuti…"

"Se sono veramente esistiti", gli fece eco il comandante Koenig.

Helena Russell raccolse dal lucido pavimento un bouquet di rose, prese nel giardino della comunità Alphana sulla Terra-Doppia. Ne accarezzò i petali ancora umidi di rugiada. I fiori erano indiscutibilmente reali.

 

 

Sede della New World Space Commission
Houston, Texas, Terra

20 marzo 2074

L'ex Commissario Spaziale Gerald Simmonds aveva voluto incontrare il capitano Zantor in privato, lontano dai riflettori e dalla stampa, e aveva scelto il comodo ufficio nella torre della NWSC, l'antica sede della sua dirigenza passata. L'ambiente era solo apparentemente spoglio, in realtà le pareti curvilinee potevano raffigurare olograficamente ogni paesaggio terrestre che si voleva. Il dispositivo olografico non era in funzione e la colorazione della stanza era soffusamente lattea, riposante. C'era un tavolo trasparente, delle comode poltrone e un attrezzato servizio bar. Una porta quasi indistinguibile nella parete frontale si aprì senza il minimo rumore e l'alta e ieratica figura del capitano Zantor fece il suo ingresso nel locale.

"Capitano Zantor, la prego, si accomodi", esordì Simmonds, con voce rauca.

"Grazie, Commissario", annuì il Kaldoriano, sedendo davanti al terrestre.

"Non sono più Commissario, capitano… credo possa ormai chiamarmi con il mio nome", sorrise imbarazzatoSimmonds. "Zantor, è molto difficile per me…", s'interruppe, non trovando le parole.

"La prego, continui, signor Simmonds". La voce dell'extraterrestre era dolce, pacata.

"Io… non so come ringraziarla per quello che ha fatto per Carla… e per me. Qualsiasi cosa lei desideri io farò in modo…"

"Signor Simmonds…", l'interruppe Zantor, "Quello che lei poteva fare per noi, lo ha già fatto, e le siamo tutti grati. Mi dica, piuttosto…", l'alieno dai lunghi capelli bianchi esitò solo un attimo, prima di continuare, "…Gerald, quanto valuta la vita di sua figlia?"

L'ex Commissario si corrucciò: "Non la posso valutare. È senza termine di paragone. Farei tutto per lei, ora che è di nuovo con me!"

"Non ne dubito. Non voglio perciò che lei continui a sentirsi in dovere di pagare un debito che evidentemente non può pagare. Mi metto al suo posto, Gerald, e so che anche per me sarebbe così. Ma c'è una cosa che lei potrebbe fare… per lei stesso, per sua figlia, per noi Kaldoriani e per la Terra intera".

Simmonds fissò l'alieno, incapace di comprendere: "Me lo dica, la prego".

"Ora lei è una persona famosa. Presto riavrà anche il suo antico potere decisionale. Metta questa sua competenza e forza al servizio di un nobile progetto: recuperare i sopravvissuti della Base Lunare Alpha".

"Alpha!", trasecolò Simmons, "Zantor, come potrei fare una cosa del genere?"

"Uniremo la nostra tecnologia, le nostre conoscenze, la nostra scienza. Rintracceremo il satellite vagante, la Luna, e tenteremo di comunicare con Alpha".

"Sono passati 75 anni. Koenig e gli altri non possono essere vivi…"

"Signor Simmonds, sono passati 75 anni e lei è vivo… l'universo è un luogo straordinariamente vasto e misterioso. Le valenze temporali hanno diversi metri di misura. Mesi nello spazio, anni sulla Terra. I vostri studi con le trasmissioni neutrino sono solo agli inizi. Potenziamole, con la nostra collaborazione, e tentiamo di metterci in contatto con Alpha."

Simmonds tacque, pensieroso. L'extraterrestre attese, in eguale silenzio. Dopo un minuto, che sembrò infinitamente lungo, Simmonds rispose, fissando i calmi occhi scuri del Kaldoriano: "Facciamolo, Zantor".

"Sì. È una cosa giusta e va fatta. Almeno, possiamo tentare. La speranza, come lei stesso disse un tempo, va alimentata costantemente".

"Non perdiamo tempo, capitano. Mettiamoci al lavoro".

 

 

Stazione Spaziale Uno
Texas City-Pianeta Terra

23 ottobre 2120
ore 00.10

Carla Meta Simmonds era una bella donna di cinquantacinque anni, anche se non ne dimostrava più di trenta. La ricerca medica e farmacologica non si era arrestata dopo la grande catastrofe ed ora era possibile godere di un ciclo vitale più lungo, con un sensibile rallentamento della vecchiaia. Si trovava al Tavolo Operativo della Sala Trasmissioni Neutriniche, in una grande cupola climatizzata dalle candide pareti. Davanti a lei stava un burbero personaggio dagli occhi vispi ed intelligenti, incapace di stare fermo un solo istante, vestito di una calzamaglia nera, come ogni membro maschile del personale attivo. L'uomo la stava guardando, sorridendo.

"È un grande momento per te, vero, Carla?", esclamò, poggiando il pugno chiuso sul mento, "So che lo hai atteso a lungo".

"È vero, dottor Logan", rispose Carla, imbarazzata, "Avrei solo voluto che mio padre fosse qui per potervi assistere".

"Già, già… un uomo notevole, sì, una grave perdita. Se non fosse stato per lui e per l'apporto scientifico dei Kaldoriani, tutto questo non sarebbe stato possibile per chissà quanti anni ancora. Le trasmissioni neutrino sono ora una realtà, le distanze stellari non più una barriera invalicabile", borbottò il dottor Charles Logan, "Se soltanto non avessimo avuto questa dannata sfortuna… un'intera galassia in agguato, proprio ora, sul nostro tracciato comunicativo!"

"Quanto tempo abbiamo, dottor Logan?", chiese Carla, a bassa voce.

"Poco, cara ragazza, poco. Ma se gli uomini di Alpha sapranno gestire bene la faccenda, non dubito che sarà possibile riportarli indietro tutti".

"Lo spero, dottor Logan… sarebbe meraviglioso".

"Meraviglioso, sì…", il dottor Logan prese una caramella da un contenitore trasparente sul tavolo, poi ebbe uno scatto improvviso, rivolgendosi ad un tecnico di passaggio, "Insomma, quei rapporti sull'attività sismica locale?"

"In arrivo, dottore!", assicurò il giovane, scomparendo in un'altra sala.

"Mi preoccupa tutto questo scuotersi della Terra…"

"Dottor Logan?", chiese esitante Carla.

"Sì, che c'è?"

"Vorrei… se fosse possibile, vorrei parlare con Alpha… dire loro di quanto ha fatto mio padre, di tutti questi anni di lavoro per poterli rintracciare là fuori, nello spazio…"

"Mi sembra doveroso, cara, sì, sì… ma il tempo stringe, stringe. Vedrò di consentire la comunicazione, comunque". Il dottore sprofondò subito dopo in astrusi pensieri, borbottando a bassa voce.

"La ringrazio di cuore, dottor Logan", sorrise Carla, e poi pensò: "Sì, la ringrazio, perché Alpha deve sapere esattamente cos'è successo a mio padre, di come è sopravvissuto alla deanimazione e quel che ha fatto per loro in tutto questo tempo".

Non tollerava il pensiero che i trecento superstiti della Base Lunare potessero ricordare suo padre, Gerald Simmonds, come l'ammutinato che minacciò gravemente la loro stessa sicurezza pur di poter tornare sulla Terra. Per quanto il capitano Zantor, il padre di suo marito Kondar, le avesse taciuto sempre quella dolorosa verità, fu lo stesso ex Commissario, in letto di morte, a rivelargliela, incapace di poter tenere per sé il segreto, di mentire alla figlia ritrovata. E quella confessione aveva avuto come unico effetto quello di farle amare ancora di più quell'uomo solo, duro, senza veri amici ed affetti, provato dalla perdita della moglie e tornato a nuova vita con il ritorno di sua figlia dall'oblio del coma in cui versava. Vincoli di necessità, aveva detto. Vincoli di necessità.

Alpha doveva sapere, a costo di rivelare la verità a tutto il  mondo.

"Dottor Logan!", gridò un tecnico in calzamaglia nera, "Contatto!"

"Ci siamo!", il direttore del centro scattò come una molla, "Mettetemi in comunicazione, presto!"

"Finalmente!", pensò Carla, eccitata, "Papà, ci sei riuscito, anche se non sei qui per godere di questo grande momento storico. Grazie a te, grazie a Zantor, che sta seguendo dalla sua abitazione ogni fase di questa avventura, forse potremo salvare gli uomini di Alpha… se saranno ancora vivi".

"Li abbiamo agganciati", esclamò esultante il dottor Logan, sporgendosi sul trasmettitore che era collegato all'Unità di Invio Neutrinica, "Chiamata per la Base Lunare Alpha tramite trasmissione neutrino! Chiamata per la Base Lunare Alpha tramite trasmissione neutrino!"

Dall'apparato giunsero scariche elettrostatiche, la voce inconsapevole dell'universo, modulazioni di frequenza senza senso. Carla trattenne il fiato.

"Chiamata per la Base Lunare Alpha tramite trasmissione neutrino. Alpha, rispondete, prego!", insisté il dottor Logan.

Dal rumore di fondo parve udirsi una lontana voce femminile: "…unare Alpha… identif…"

Carla sentì il cuore balzarle dal petto. Il dottor Logan picchiò un pugno sul tavolo, soffiando soddisfatto: "Carla. Coraggio, chiamali".

La donna, con voce tremante dall'emozione, si inserì in onda: "Base Lunare Alpha. Qui è la Stazione Spaziale Uno, Texas City, Pianeta Terra! Ripeto: qui è la Stazione Spaziale Uno, Texas City, Pianeta Terra! Prego, restate in ascolto!"

Un tecnico di fronte a loro comunicò, con voce rotta: "Persa la comunicazione!"

"No, no, no! Ristabilire, ristabilire, massima portata!", gridò Logan, imprecando.

Le scariche si fecero più intense ma poco dopo delle voci smozzicate si fecero udire nuovamente. La stessa voce femminile di prima, più altre due maschili.

"…rotto contatto…

"Ristabil… ora… Tony, cosa ne sai delle trasm…"

"…Ter… appena incominciato…

"… nello spazio per mesi…"

"… in termini terrestri sono decenni… essere davvero la Terra!"

"Contatto ripristinato!", avvertì il tecnico di Texas City, rosso in viso.

"Base Lunare Alpha!", s'inserì nuovamente Logan, fremente, "Base Lunare Alpha, rispondete!"

E finalmente l'audio fu chiaro e senza interferenze. Una voce perfettamente limpida risuonò nella Stazione Spaziale Uno.

"Qui è il comandante John Koenig, da Base Lunare Alpha…"

  

Fine
Racconto © 2001 di Michele Tetro. Pubblicato con il consenso dell'autore.